sabato 30 novembre 2013

FATA MORGANA

E' stato nell' ottobre del 2002 mentre navigavamo col Samadhi, guidato da Jock l'autopilota, al largo del Marocco verso le Canarie.
Quella mattina, alla fine di un turno di guardia, aspettando che la luce del sole si facesse faticosamente strada tra densi banchi di nebbia dove l'orizzonte del mare sfumava in un cielo sempre piu azzurro, mi apparve a dritta una lunga gialla costa sabbiosa a non piu di tre quattro miglia e parallela alla nostra rotta.
A dritta !!
Sorpresa e panico !
A dritta doveva esserci l' Atlantico sconfinato per miglia e miglia e poi l' America !
Che diavolo era successo ?
Chiamai fuori i due amigos che mi accompagnavano in questa loro prima esperienza atlantica, Lia e Luigi.
 - Guarda un po la...-
 - Cavoli, ti sei troppo avvicinato al Marocco ! -
 - Ma la bussola dice che andiamo a sud. Forse che questa notte abbiamo avuto l' inversione dei poli ? E' prevista, ma cosi veloce ? -
 - Dove ci mette il GPS ? -
 - Aspetta, ecco. A 150 miglia dal Marocco. Che dovrebbe stare alla nostra sinistra. -
 - Allora cos' e' quella , un' isola ? C' e' sulla carta ? -
 Portai fuori in pozzetto la carta stesa intera sul tavolo.
 - Noi siamo qui. Isole non ne vedo segnate. E' spuntata fuori questa notte ? Come l' isola Fernandea al largo della Sicilia ? -
E rigiravo la carta sottosopra nei due sensi senza che riuscissimo a capacitarci di una tale diavoleria.
Il diavolo appunto. Ma non si sentiva puzza di zolfo. Quasi quasi mi venne la tentazione di controllare il gorgo di discesa dell' acqua in un lavello. Nell' emisfero nord gira in senso antiorario. Se gira orario, e' contro natura; allora c' e' diavolo a bordo. Poi ricordai che la legge di Coriolis vale sulla terraferma. Su una barca in movimento il gorgo si forma nei due sensi a seconda dei movimenti appunto della barca.
Intanto la costa gialla era sempre la', a dritta, tangibile. E la vedevamo in tre.
 -Le Canarie - disse Lia - siamo gia arrivati. -
 - Dici ? - dubbio...
Ripresi sulla carta le coordinate del waypoint che avevo posizionato a Graziosa, la prima isoletta presso Lanzarote.
Nada. Sia la carta che il GPS ce la davano ancora lontana.
Insomma, costeggiavamo questa misteriosa costa sconosciuta. In lontananza alle due estremita' sfumava senza piu contorni  come fosse un promontorio proteso verso di noi.
Poi, piano piano comincio' a delinearsi il confine tra mare e cielo e la terra gialla sembrava fluttuasse in cielo.
Da gialla divenne grigia.
Poi in modo sempre piu impercettibile, azzurra.
E infine scomparve, fusa nell' azzurro del cielo.
Miraggio !  Scherzo da prete.
Qualcuno, che doveva aver studiato al seminario, aveva posizionato sulla nostra dritta un gigantesco specchio convesso e ci aveva fatto vedere la costa marocchina, forse a scopo propagandistico. L' azienda di soggiorno di Casablanca ? Vai a sapere.
Del resto il cervello interpreta cio che gli occhi fotografano, in base alle esperienze caricate nel suo database.
Miraggi.
Come quando con Walter, collega di lavoro e CNSAS, si girovagava nella notte con sci e pelli a 3500 metri su un ghiacciaio presso il sito dove poi fu trovata la mummia di Oetzi, perche avevamo perso la traccia che doveva portarci al rifugio Similaun.
Si girovagava senza costrutto tra i crepacci che comparivano all' improvviso alla luce delle frontali.
Decidemmo saggiamente di fermarci, scavando una truna e aspettando il giorno dopo.
Mente stavamo li intirizziti masticando frutta secca e impedendoci di dormire, si vedevano delle luci scendere sul crinale di una cima.
 - Sono guide alpine con torce che vengono a cercarci - dicevamo convinti.
Invece erano stelle luminose che sembrava si muovessero lungo il crinale a causa di miriadi di cristallini di neve che lo risalivano spazzati dal vento.
Oltre un dosso lontano si stagliava un chiaro alone di luce bianca.
 - E' il faro del rifugio Similaun - azzardava Walter.
  - No . E' la luna che sta sorgendo - replicavo.
Ma non sorgeva mai.
Il giorno dopo si vide che era il faro della stazione a monte della funivia Kurzras.
Avevamo fatto un lungo giro idiota per trovarci infine al punto di partenza. Amen.

martedì 24 settembre 2013

PLAVA LAGUNA

Plava laguna ( laguna blu) sta a un miglio a sud di Parenzo.
Ottimo ancoraggio, buon tenitore su fondo di fango dove mi posiziono su 2 -3 metri con 25 metri di catena.
Un buon rifugio a 15 minuti di navigazione dalla boa di Parenzo dove mi reco spesso per visitare la cittadina, per la mostra di Piri Reis (?) e per  lo sbarco - imbarco degli amigos che vengono a trovarmi.

A Plava Laguna comincio' nei primi anni 70 - udite udite - la mia carriera di velista, noleggiando a ore un Flying Junior, piccola deriva randa e fiocco, con la quale si andava a bere un bicchiere a Funtana e ritorno.
Andò cosi: in una triste serata d'inverno stavamo in tre amici davanti a una birra alla Forst di Merano e gia pensavamo all'estate.
- Allora dove si va in giugno ?-
- A Ponza. Bella isola. C'è gnocca-
- E come, in traghetto? Costa!- eravamo squattrinati.
- Allora a remi. Remiamo a turno-
- Si? Sono settanta chilometri dal Circeo. Ti ci vedi? -
- A vela. Il vento è gratis-
- E se soffia contro?-
- Le barche a vela possono avanzare anche controvento- Lorenzo la sapeva lunga.
A me questo fatto pareva incomprensibile. Qualsiasi cosa galleggi sull'acqua se ne va necessariamente nella direzione del vento. Com'è che una barca a vela che mezzora fa stava laggiù, ora con questo vento che soffia in quella direzione me la trovo qui davanti??
Mistero.
Il giorno seguente mi comperai un manualetto di vela e, meravigliato, svelai l'arcano.
Nel corso dell'inverno lo imparai praticamente a memoria. Sapevo tutto. 
In primavera,  durante una breve vacanza nella Jugoslavia di Tito, noleggiammo a Plava Laguna il nostro primo Flyng Junior e partimmo decisi, vento in poppa. Dieci minuti dopo eravamo rovesciati in mezzo al mare! Una cosa è la teoria e un'altra è la pratica.
Comunque da quel giorno ne facemmo parecchia. Ogni pomeriggio due ore di vela, doverosamente finalizzate a un giro tra le bettole della costa. un bicchiere a Fontana, uno al bar del campeggio e un altro tornati in porto. Sicchè continuo a considerare la vela, piccola o grande che sia, come mezzo per recarmi nei posti che desidero. E' vero che mi sono fatto anche diverse stagioni di regate, per affinare la tecnica, ma queste competizioni da fighetti non sono nelle mie corde. Con l' ultima che ho vinto sul Garda, ho chiuso.

Plava Laguna sempre tranquilla finche' ...dal diario di bordo:
" 17-9-2013. Forte vento di bora nel corso della notte. All' erta sulla tenuta dell' ancora. Dormire con un occhio solo in dinette. Al mattino le raffiche si fanno furiose. Il fiocco avvolto male, si gonfia in una sacca a meta' dello strallo. Lotta titanica per avvolgerlo come un salame con tre drizze mentre piove a dirotto e l' ancora ara per alcune decine di metri. Infine, missione compiuta. Braccia esauste.
Ma ecco che mentre sto riprendendo fiato, un monoscafo rosso, rotte le cime alla boa, se ne va spinto dal vento attraverso la baia.
Salta sul tender e corrigli dietro ! Fortunosamente lo acchiappo all' ultimo momento legandolo ad un pontone prima che finisca su un muro.
Poco dopo arrivano due barche. Una da un centro sportivo di skilift sci-acquatico.
 - Non si puo ormeggiare qui ! - esordiscono.
 - La barca non e' mia. Se ne stava andando a sfracellarsi sul muro ! -
Sull'altra barca c' e'  l' omino responsabile della boa. In silenzio si rimorchia il monoscafo su un' altra boa e chi si e' visto si e' visto.
Dovigenia. Ma un grazie  mai ?
Il vento gradualmente cala. Giornata tranquilla.
Verso sera mi prende la strana sensazione che avro' visite nel corso della notte. Non ne vedo il motivo. E' vero che sto da solo, ancorato nel centro della baia, ma i dintorni sono fortemente antropizzati; alberghi, bar, ristoranti e due porti banchinati ai lati dell' ingresso. Ad ogni buon conto accendo luci e allarmi vari.
Verso mezzanotte mi svegliano alcuni rumori insoliti. Accendo le luci in cabina, metto fuori la testa dal tambucio. Nada.
Al mattino sorpresa ! Il battellino e' ancora legato al suo posto, fuoribordo ok. Ma il nodo sulla bitta non e' la gassa che uso solitamente. E un nodo bastardo (gassa bastarda) stretto attorno alla bitta in modo che non possa scapolarla. Non e' da me.
Allora qualcuno e' veramente stato qui ! Perche ?
Ipotesi : uno scherzo.
Un avviso - occhio che ti possono fregare il fuoribordo - il battellino no perche e' tutto una toppa.
Un' emergenza del barcarolo alla boa vicina, uscito a pescare di notte. Tornando, potrebbe non aver trovato alla boa la sua barchetta  per tornare a riva. Quindi potrebbe essersi servitodel mio battellino, zitto zitto, rimettendo poi tutto a posto. Pure io in certe circostanze ho dovuto procedere in tale modo.
Mistero...


domenica 15 settembre 2013

L' ISTRIA

E' come aver tirato i remi in barca.
Dopo anni di navigazioni oceaniche, questa stagione e' trascorsa in piccoli cabotaggi lungo la costa Istriana e nel golfo del Quarnaro toccando varie isolette ma non oltre Premuda.

E' stato bello. Caldo, facile , vacanziero, con amici , canoiste e non,  che si avvicendavano di settimana in settimana facendo base a Pola.
A parte gli scarichi fognari che a volte impestano l' aria, Pola e' una citta' da vedere.
 Antica di 2000 anni, con un' imponente Arena Romana - ci fanno ancora finti scontri tra gladiatori e altre manifestazioni musicali - il tempio di Augusto, palazzi Bizantini, Veneziani e Austroungarici.

Da rivivere anche Cittanova con le sue mura sul mare, Parenzo, Orsera, Rovigno, Lussino, sempre formicolanti di turisti - 600 per metro quadro - e la riscoperta di altri paesi tipo Valun, Cres, Rabac.
Ma ripetutamente visitate sono state le isolette di Ilovik, Premuda, Unije e Sansego, l' isola di sabbia.
 Susak, o Sansego, tra le altre ha questa curiosa particolarita' : completamente composta di sabbia piu o meno compatta, e' ricoperta da una fitta foresta di canne le cui radici tengono il tutto insieme come una solida rete, impedendole cosi di sfaldarsi. Queste sabbie pero poggiano su una base di roccia calcarea, di cui son fatte le altre isole come del resto tutta l' Istria.
Suolo Carsico. Percorso da una miriade di fenditure dove l' acqua piovana percola, si insinua nelle crepe, e scorre fino ad uscire gelida in mare, dove stai nuotando lungo la riva tra caldo e freddo.
Sull' isola di Cres c'e' un lago di acqua dolce, Valun, riserva idrica, proibito avvicinarsi, il quale, piu basso del livello del mare, pare venga costantemente rifornito per vie sotterranee di acqua proveniente dalla costa.
E' risaputo che l' acqua che scorre sulla pietra calcarea riesce col tempo a disciglierla nei suoi punti piu teneri allargando cosi le fenditure fino a creare veri fiumi ipogei.
Il calcare e' carbonato di calcio. Molecole composte da atomi di carbonio e atomi di calcio.
Divaghiamo...?
Why not ?
Ok. Roccia di origine prevalentemente organogenica. Comparsa in seguito alla comparsa della vita su questo pianeta.
Composta, pensa un po, da miliardi di scheletrini di organismi unicellulari, diatomee, radiolari, polipetti corallini, come micro ossidiseppia depositatisi nel corso di milioni di anni sui fondali marini per spessori di anche 3000 metri e spinti poi lentamente in superficie da forze tettoniche. Vedi le Dolomiti.
Quindi una roccia molto particolare che non ha niente a che vedere con  il resto della crosta terrestre.
Se ne prendi alcuni blocchi e li arroventi sul fuoco di un grande falo' e poi li getti in una buca piena d' acqua, vedi che fumando e sfrigolando, letteralmente si squagliano e si disfano in una poltiglia bianca e puzzolente.
Che cos' e' ? Calce viva !
Ottimo legante da secoli per ogni tipo di costruzione in pietra. La si puo ottenere anche arroventando conchiglie. Sempre carbonato di calcio e' !
Un altro bel effetto della pietra calcarea lo si riscontra quando strati di questa subiscono un fenomeno di subduzione, cioe' vengono spinti a considerevoli profondita' sotto la crosta terrestre.
Tali allora sono le pressioni ed il calore, per centinaia di migliaia di anni, che per il calcare avviene una metamorfosi, si trasforma, cristallizza e quando ri-esce in superficie che cosa e' ?  Marmo !
La Vita su questo pianeta si e' sviluppata su base carbonio.
 Su un altro pianeta potrebbe esistere su base silicio. Ma forse ci stiamo arrivando noi umani dato che il substrato di ogni microprocessore, origine di ogni intelligenza artificiale, e' appunto il silicio.
A questo proposito cercate sul web e leggetevi la "Singolarita' " prossima ventura. Trovate qualcosa in merito anche qui sotto a destra alla voce "non solo mare ".
Dicevamo, vita base carbonio. Infatti di che cosa abbiamo bisogno per campare ?
Dobbiamo introdurre in noi i carboidrati, pane , pasta, etc, indispensabili per il ricambio costante nell' organismo tra cellule vecchie e nuove...
Achtung: ogni chimico ti dira' che ai primordi, dopo 300 mila anni che protocellule e cellule si scindevano facendo capo al poco carbonio presente in temporanee pozze d' acqua ( una delle ipotesi ), risulto' ad un certo punto piu facile impadronirsi del carbonio della cellula vicina.
 Fagocitare una cellula.
 Un' ameba che ne fagocita un' altra.
 Pesce grande mangia pesce piccolo.
I felini, carnivori, che mangiano gli erbivori che mangiano vegetali, cereali, dunque carboidrati.
Gli umani che mangiano i pesci,gli erbivori, mangiano i felini tipo gatti - a Vicenza - e quanto altro e si mangiano anche tra di loro, brutti cannibali !


Insomma, la Vita in tutte le sue forme, che prosegue facendo capo a se stessa.
Una bella condanna, vista dai puri di cuore del "volemose ben ".
Cosi e'. Come un comandamento.
Ma torniamo alla nostra bella Istria. Terra di lecci - quercus ileus - quercioli, pini e presso ogni insediamento umano, ulivi e fichi. Pane e fichi.
 E tutto attorno un fitto sottobosco percorso da ife di micelio e generoso nella buona stagione di funghi porcini.
Buoni con la polenta. Gnam !
Firmato: l' Istriano.


mercoledì 29 maggio 2013

VELE E PAGAIE

Perche pagaie ? Partiamo dall' inizio.
Le prime pagaiate le ho tirate che ero ancora minorenne su vecchie canoe in vetroresina noleggiate un tanto all' ora in un micro laghetto derivato dal Passirio a monte di Merano.
Eravamo negli anni ' 60 e le pagaie erano costituite da un' asta in legno con due tavolette inchiodate alle estremita'.  Niente paraspruzzi e niente salvagente, se infilavi la pala di taglio ti rovesciavi e ti arrangiavi a portarti la canoa a riva per vuotarla.
E arriviamo alla fine degli anni ' 70. Gia mi ero convertito alla vela e dal 74 praticavo campeggio nautico per laghi, coste e arcipelaghi con un catamarano di 4 m sul portapacchi dell'auto.
Ma un bel giorno con un amico facemmo l'affare quasi gratuito di divenire proprietari di due pagaie Azzali in legno a pale contrapposte, due paraspruzzi in neoprene e due  ASA Ninfa in vetroresina. Ormai vecchie e acciaccate, piene di toppe, pur avendo visto tempi migliori quando uscirono come ultimo modello per i campi da slalom, per noi costituivano una stimolante novita' per nuove e diverse avventure.
Dapprima furono scampagnate su acqua ferma nei vari laghetti del circondario, poi con altri amigos del Canoa Club Merano mi capito' di fare un paio di discese sulla corrente del Passirio.
 Niente di che: giu dritti, poca acqua, cercando di schivare i sassi, qualche traghetto e le morte neanche sapevo cosa fossero.
Ma fu una prima rivelazione.  Tanto che subito mi cimentai sconsidertamente da solo in un tratto di corrente dopo un cascatella.
Tiravo traghetti da una sponda all' altra, senza casco, entravo in corrente con molta circospezione a valle delle morte e risalivo poi affannosamente vicino alle rive.
 Una volta sbagliai pancia e pluf giu di sotto!  Stappai subito ma appena risalito la corrente mi strappo' via la canoa. Strappo' via anche me e fu una bella tribolazione riuscire poi dopo mezzo chilometro a guadagnare la riva.
Completamente congelato, erano i primi di giugno e stavo in slip e maglietta, mi cacciai in macchina tremando come un compressore e col riscaldamento al massimo.
Ripresi fiato. Un flash !
 La canoa !  Innesta la marcia e via, seguendo dapprima il Passirio e poi L' Adige avanti avanti di paese in paese.
 Finalmente la intravidi nel mezzo della corrente  a meta' fiume tra Merano e Bolzano. In un tratto dove passava abbastanza vicina mi rituffai in acqua e la riportai a riva, Uff !
Sconsiderato. Come quella volta che tornai a fare traghetti col bimbo di tre anni in macchina al quale dissi - se il papa' non torna, chiama qualcuno sulla strada -
O un' altra volta da solo sull' Avisio sotto Molina di Fiemme fino al lago di Stramentizzo, giu dritto, niente morte, sbattendo contro il pilone del ponte e rimanendo a galla per miracolo.
Al mare, in ferie andava meglio. Fu durante il viaggio di nozze in Costa Smeralda che bevendo ettolitri di acqua imparai l' eskimo, sulla base di alcune informazioni di base raccattate qua e la. Alla fine ne facevo diversi uno dietro l' altro ma sempre tirando di destro.
 Al mare era divertente partire in surf sul pendio dell' onda ma se il kayak si traversava erano rotoloni. C' e' stato un caso dove, capovolto in prossimita della spiaggia, mi trovai ad arare il fondo per alcuni metri con la bocca aperta mentre mi si riempiva di sabbia e conchigliette taglienti.
Poi per anni l' ASA Ninfa si e' rivelata un mezzo quanto mai versatile. Ancora oggi sta a poppa del catamarano pronta x ogni evenienza.
Un esempio tra tanti: nel 2003 stavamo col Samadhi a Sao Nicolao, isola dell' arcipelago di Capo Verde. Eravamo in tre, io, Lia navigatrice oceanica di una vita e un certo P.G. uno sfigato tossico che si inanellava i capelli in tante treccioline con sterco di vacca, o altre sostanze, emulando gli Etiopi del Ras Tafari Haile' Selassie' imperatore di Etiopia. Piccola digressione: nei libroni sacri sta scritto che " quando in Africa sorgera' un Imperatore ci sara' la liberazione per tutti i neri del mondo". Ai Giamaicani, schiavi da una vita,non e' parso vero l' avvento di questo imperatore ed e' nato cosi il movimento Rastafariano di liberazione che e' dilagato poi per tutta l' area Caraibica e oltre, a base di musica reggae (Bob Marley), cannoni a go go e tafferugli qua e la.
Bene. Questo P.G. una sera mi chiede il battellino per andare a terra a vedersi un partita in TV... Ci penso un attimo e poi glielo cedo.
Passano le ore. Ai tropici fa buio alle sei.
 Le sette, le otto , le nove, ogni tanto esco nel vento forte di prua a controllare la tenuta delle ancore e aguzzando lo sguardo nel buio. Nada, ancora non torna. Poi verso le dieci mi pare di sentire in lontananza una voce:
- Claaaudioo ! -
Rispondo con un fischio e risento il richiamo - Claaudiooo ! - e mi sembra di vedere qualcosa di bianco gia oltre la massicciata del molo.
Merda ! E' lui e sta nei casini !
Dico a Lia - Riempimi una bottiglia di acqua - In 30 secondi calo il kayak in acqua e via nella notte su onde sempre piu alte.
Lo becco in mare aperto col vento che lo spinge verso l' Antartide.
 Ha ingolfato il motore, ha perso una pagaia e cerca di tenere inutilmente botta con l' altra, piu fumato che mai. Lego la canoa al battellino e arrancando faticosamente controvento con tre pale in movimento continuo, riusciamo fortunosamente a tornare in barca.
Consiglio ai velisti. Non imbarcate tossici. Pericolo. In pieno Atlantico di notte durante il turno del tossico mi sveglio di soprassalto con le vele che sbattono furiosamente nel vento che ulula. Schizzo fuori tutto nudo e il tossico e' li sulla panchetta esterna con sacco a pelo e cuscino immerso in sogni fumosi. Non si era accorto del groppo in arrivo. Ammainate le vele il mio primo impulso e' buttarlo a mare. Poi mi ravvedo, per le rogne dell' inchiesta che seguirebbe e perche poi i parenti vorrebbero sapere che fine ha fatto il loro congiunto.
Quindi il kayak come mezzo di soccorso.
 Altro fatterello: nell' '81stavamo col camper , moglie e figlia di 3 anni, di fronte a una spiaggia dell' isola di Krk, Croazia. Cielo sereno, bagnanti e surfisti. Verso mezzogiorno si alza un vento di terra che si fa via via sempre piu sostenuto. Pattini e surfisti rapidamente rientrano ma vedo che piu in la dove gia si alzano le onde una tipa tutta nuda - era una spiaggia nudisti -alza ripetutamente la vela e il vento gliela ributta giu.
 Saltare sul kayak e partire al soccorso e' stato un tutt' uno ! La raggiungo in breve e le faccio smontare la vela adagiandola sulla tavola con lei distesa sopra. Ma provate a rimorchiare un peso del genere con un kayak di 15 kg contro vento e onde ! L' avanzamento e' minimo. Passa un motoscafo di olandesi; li chiamo con un paio di fischi e agitando la pagaia. Caricano la tipa e io proseguo con la tavola dietro come bottino. Poi a riva trovo moglie e figlia con le lacrime agli occhi, il pranzo ormai freddo in pentola, disperate perche' ero scomparso all' orizzonte nell' immenso mare. Si rincuorano solo quando poco dopo arriva la tipa con i suoi amici e una cassa di birre.
Un bel ricordo e' ancora il raid sul Livenza. Partiti in due dalla risorgiva di Sacile , dopo alcune rapide, e' seguita una lunga pagaiata di due giorni e un pernottamento in tenda fino a Caorle dove il mio socio andava a trovare la morosa.
E veniamo ai giorni nostri.
Nel 2009 al secondo giro del mondo con l' Andromeda, capita in barca in Nuova Caledonia, Elena.

Acquatica vagabonda e canoista DOC del CCBO.
Successivamente e recentemente torna in barca con l' amica Alessia, altra canoista esperta, pure lei CCBO.
Questa passa la voce e mi spedisce in barca Roberta del Canoa Club Trento.
Allora e' un destino !
 Riprendo pure io, ma con tutti i crismi del caso.
Corso invernale in piscina, studio su libri e pubblicazioni e altro mini corso sul campetto del Canoa Club Merano.
 I crismi del caso. Devo capire una cosa: sara' rincoglionimento senile o la saggezza della vecchiaia ?
Al momento ho in attivo una discesa di secondo grado, 7 km, sull' Isonzo in Slovenia. Due bagni.
Una discesa di terzo, 10 km, al raduno sull' Enza. Tre bagni.
Non mi butto su un quarto perche sarebbero quattro bagni e forse di piu o peggio.
Quindi, altra discesa al raduno sul Limentra, dirottato sul Reno causa piena. Niente bagni.
Inoltre alcune giornate di esercizi in loco sul Reno e sul Panaro, sempre seguito da due Angeli del Cielo di nome Elena e Alessia.

A questo punto ho maturato la seconda rivelazione.
Pennellare, come si dice, un torrente e' un' ARTE.
Si impara gradualmente ( per i prox 40 anni), dove piu che i tecnicismi bisogna "sentire " l' acqua circostante e adeguarsi in modo naturale e istintivo, come i salmoni, ai vari flussi e ritorni della corrente.
Dove bisogna decidere rapidamente mentre il fiume ti porta, evitando sifoni e altri pericoli, seguire la tua linea ideale e acchiappare senza errori tutte le morte del caso. Giocare con padronanza con buchi, riccioli, vortici e scivoli.
 Bellissimo !

venerdì 3 maggio 2013

CABO VERDE


Mi chiedono spesso: ..ma in questi 12 anni in giro per il mondo quale e' stato il posto piu bello, quello che ti e' piaciuto di piu ?
E' una domanda che mi fa cadere le braccia.
 Non si gira il mondo su un mezzo antico e lento come una barca a vela solo per andare in posti da cartolina. Per questo basta un volo aereo, che costa anche meno, verso Bora Bora, Bahamas, Maldive dove ti ficcano in un resort o villaggio turistico tutto compreso e ti puliscono anche il culetto.
La barca a vela consente invece esplorazioni capillari del mondo di questa epoca, che e' gia diverso da quello di 15 anni fa, vedi resoconti di altri navigatori, e sara' ancora piu diverso tra altri 15 anni.
Nel 2003 scendevamo con il Samadhi dalle Canarie verso le isole di Capo Verde.
A bordo avevamo due colombi di nome Rob&Angy. Tubando tra di loro lui le diceva -  vedrai a Capo Verde; la vegetazione tropicale, la brezza dell' Aliseo, i frutti succosi ed esotici a portata di mano, l' allegria della gente..-  Io stavo zitto.
Approdammo a Palmeira, capoluogo dell' isola di Sal, l' isola del sale.
Niente verde. Quattro acacie e palme rinsecchite su un suolo rosso arido e sabbioso in gran perte proveniente dal Sahara.
Scendiamo col battellino e alcune tanichette per fare acqua e un nugolo di poveracci locali molto abbronzati si spintonano tra di loro offrendosi di portarci le tanichette in cambio di qualche monetina. Ne diamo una a testa a quattro di loro e andiamo all' unica fontana pubblica del paese.
Qui staziona una fila interminabile di donne , ragazzini e bambini ognuno munito di secchi pentole e quanto altro.
 Ma noi siamo i Bianchi coi Soldi, rara opportunita' , e i nostri quattro si dirigono direttamente alla fonte cacciando in malo modo chi gia teneva sotto il secchio. Esterefatti, vorremmo sprofondare !
L' arcipelago delle isole di Capo Verde e' stato una colonia Portoghese. Due secoli fa, uno scalo dove raccogliere gli schiavi da portare nelle Americhe. Sicche' ora la popolazione e' composta da un misto di varie etnie africane a maggioranza Gambia e Senegal, che sta poche miglia a est.
Nel 1975 il portogallo ha concesso l' indipendenza, senza tanti ripensamenti, e mancando cosi un minimo di supporto economico i capoverdiani si sono trovati ad arrangiarsi con poco o niente.
Contributi europei sono stati stanziati per fornire le isole di energia eolica ma pare che in assenza di tecnici e una buona gestione, funziona un generatore su quattro. L' importante era far partire il progetto, smistare un po di mazzette, montare le torri e le pale e chi s' e' visto s' e' visto. Come da noi in terronia.
Il verde di Capo verde lo si puo trovare sulle alture.
Ad una certa quota dove si raccoglie l' umidita' dell' oceano e' possibile organizzare coltivazioni di vario genere e qui la flora e' veramente tropicale. Pure la fauna.
Durante un giro in pullmino nell' isola di Sao Nicolau attraversavamo la via principale dei paesini sotto una fitta rete di ragnatele punteggiata qua e la da grossi ragni che si stagliavano netti contro il cielo. Ragnatele tese da un lato all' altro della strada sfruttando le regnatele di cavi telefonici, illuminazione e TV degli umani. Una bella simbiosi : noi forniamo i supporti e voi ci eliminate gli insetti fastidiosi.
A sud di Palmeira emergeva in lontananza la forma precisa di un vecchio cono vulcanico. Il monte Leste.
 A me e Walter, compagno di arrampicate alpine e collega CNSAS, maturo' subito il prurito di salire fino al cratere. Borraccia d' acqua, corda , scarponi e via.

Cammina cammina, stava a 5-6 km, si vedevano presso la base del cono due puntini in movimento.
Cammina cammina, in questa pietrosa landa desolata calcinata dal sole feroce, i due puntini parevano persone.
E infatti ecco due giovanotti tutti impolverati, sui 20 anni, col cappuccio della felpa calcato in testa.
 Ognuno con un mazza in mano, cercavano le bombe sferiche di basalto e porfido scagliate intorno a suo tempo dal vulcano. A colpi di mazza le riducevano in tanti pezzi delle dimensioni di un sampietrino che venivano ammucchiati qua e la finche un pick up non fosse venuto a raccoglierli. Per farne cosa ?
I selciati spaccagomme in salita che gia avevo visto a Palmeira. Duro lavoro. Non voglio sapere quanti escudos ne ricavavano.
 Il vero lavoro, dicevano i contadini cinesi del prima e dopo Mao, e' il lavoro fisico. Tanto che chi sapeva usare il pallotoliere e veniva temporaneamente distaccato per organizzare le squadre di lavoro, ne riportava un notevole sollievo.
 Quindi, quando un politico di casa vostra abbassando il finestrino dell' auto blu vi dira', vado a lavorare, fategli una grassa risata. Poi sputategli in un occhio.
Di ritorno dalla scalata vediamo arrivare una nuvola di polvere. Poco dopo dalla nuvola ne emerge il pullmino che la produce. Si ferma e ne scendono una dozzina di turisti italiani. Stanno in un villaggio turistico dove tutto e' costruito ad hoc, non manca nulla, basta pagare, ma tutto e' falso e artificiale.
Scendono e ciabattano in giro con le infradito sulle pietre taglienti e roventi di questo suolo lunare, lo sguardo perso e perplesso del...ma dove siamo capitati ?!          
  Capo Verde ?

mercoledì 20 marzo 2013

LE SAN BLAS


Scacciati come indegni dall' Eden di Hachutupu, cominciammo a vagare tra le isole S. Blas risalendo a nord.
Per quasi un mese Alberto e io vivemmo di acqua piovana, dei pochi viveri che avevamo a bordo e di qualche scatoletta che si riusciva ad acquistare a volte nei rari spaccetti delle isole piu grandi.
Il mese di novembre in quelle zone e' tra i piu piovosi dell' anno. Densi e bassi nuvoloni neri si raccolgono lungo tutta la costa e dopo un primo show a base di tuoni fulmini e saette, scaricano letteralmente secchiate di acqua che viene giu fitta fitta da non vedere a un metro. Il mare in breve diventa un caffelatte denso del limo portato giu dai fiumi in piena. Ma l' acqua e' vita. Il serbatoio del Samadhi, 120 litri, sempre pieno e bucati a volonta'. L' acqua piovana conviene raccoglierla prima in bacinelle aperte, lasciarla decantare per tutti i bruscolini che contiene e quidi versarla ripulita nel serbatoio. A berla non disseta, non ha sapore, ma ci si possono fare te' o tisane piu o meno zuccherate.
Tra le isole piu grandi scegliemmo di sbarcare ad Aligandi'. 4000 anime e quattro chiese : Mormoni, Avventisti, Cattolici ed Evangelisti. Come fanno ? Si dividono il gregge 1000 a ciascuno ? No. I Cattolici sono in minoranza. Concorrenza spietata per chi la racconta meglio. Poveri Kuna. Chi glielo spiega che non esiste nessun dio in cielo che provveda a loro ? Esiste semmai l' ONU. Nel '52 e' intervenuto per sedare una guerra di resistenza tra i Kuna e lo stato di Panama che altrimenti sarebbe finita con l' ennesimo genocidio. Nella piazza principale del villaggio si innalza una statua in bronzo del loro eroe nazionale, di cui non ricordo il nome.
Vagammo poi ancora tra isole grandi e piccole. A seconda di dove portava il vento.
All' isla Tigre, Mamartupu per i Kuna, sbarcammo in cerca di un po di pane. L' isola e' stretta e lunga, densamente popolata, una sola via tra due file di capanne. Pochi alberi. Qualcuno ci condusse dal panettiere del villaggio, un signore anziano seduto su un tronco di palma davanti ad una panca dove si allineavano 12 panini, stretti, appuntiti alle estremita' e lunghi una spanna. Ne comprammo solo quattro, non vuoi mai che andiamo a togliere il pane di bocca a questa gente. Il signore anziano portava una immacolata camicia bianca non stirata. Era nientemeno che il Sahila del villaggio, come dire il sindaco. Fu molto gentile con noi e ci invito' a visitare la bottega del falegname per qualsiasi cosa potesse interessarci dell' artigianato locale.
Un' altra sosta la ricordo sottovento ad una minuscola isoletta di 20 palme, per rifornimento noci di cocco. Ancora su 7 m di fondo tra variopinti coralli (assassino) e mi butto a nuoto verso la riva.
 Tra il fitto delle palme intravedo una capanna e come spunto nella radura antistante, tre piccoli bambini mi scappano spaventati davanti e vanno a rifugiarsi tra le gambe della loro mamma che mi guarda interdetta accennando un angolo di sorriso. Rimaniamo cosi per alcuni secondi in uno strano momento di sospensione del tempo... poi cerco di farle capire che vorrei comperare tre cocchi da bere. Me li taglia seduta stante col machete da una palma bassa. Il marito e' fuori a pescare e dovrebbe tornare a breve. Ok. Lascio momentaneamente i cocchi e in altre due nuotate torno con i soldi, piu un quaderno, matite,candele e caramelle. Il sole feroce del pomeriggio picchia da far vibrare l' aria.
Ma ti racconto quella dell' albero del pane.
Siamo a Nargana', una delle rare isole con acquedotto dalla costa. Sahila o faccendiere locale un certo Federico, un Kuna un po diverso dagli altri, basso e tarchiato, con un grosso testone che contiene una mente affilata come una lama. Si incarica subito di provvedere a qualsiasi cosa ci necessiti. Che vi serve ? Un frutto del albero del pane ? Pronti. In giro tra le capanne, questo albero e' ancora giovane, qui li hanno gia raccolti, ecco, quello grosso lassu', ultimo rimasto. Pero' la signora dell' albero non e' daccordo a cederlo.
 Suo figlio si. Diverbio tra i due. Vince il figlio che ce lo taglia e ce lo mette in mano per mezzo balboa.
 Il diverbio continua e sua madre quasi piange dall' incazzatura e il dispiacere di perdere il suo ultimo frutto. Noi siamo li interdetti e pieni di vergogna con questo coso grosso come un' anguria in mano, finche Federico ci spinge via quasi in malo modo. Ormai il male e' fatto.
Il frutto dell' albero del pane si puo bollire, friggere, grigliare etc. Tolta la buccia sembra proprio mollica di pane, un po umido e con un retrogusto vegetale. Riempie la pancia. Non per niente l' Ammiragliato Britannico aveva dato il via ad una campagna di raccolta di tali piante dalla Polinesia alle Antille appunto per riempire la pancia agli schiavi che qui venivano portati a frotte dall' Africa. Vedi capitano Blight e Bounty di quel periodo.
E Jerica ? Jerica era e probabilmente lo e' ancora, una maestra geneticamente molto abbronzata, rotonda sugli 80 kg, spedita in queste isole a insegnare lo spagnolo ai bimbi Kuna. Insegnava ad Aritupu e il giorno che ancorammo li, tutta la scolaresca stava sul molo in attesa dell' astronave aliena. Lei si fece portare da due ragazzini sul Samadhi e li rimando' indietro. Quindi volle visitare il catamarano in ogni angolo, dopodiche le facemmo un caffe corretto rum. Poi una spaghettata, altre bevute... insomma scese la notte e dalla riva la chiamavano ripetutamente. La cosa si faceva pesante e temendo che gli isolani pensassero che gli avevamo rapito e sequestrato la maestra, la riportammo a riva col gommone.
L' indomani lei si era tirata tutta a malta fina, con tante file di treccine in testa, linda e profumata. Ma ormai gli isolani la tenevano d' occhio. Nada que ver.

In quest' isola abbiamo fatto conoscenza con Cesar, un giovanotto costruttore di cayuki, canoe monossile. Per farne una ci vogliono tre mesi, dal taglio dell' albero, lo scavo interno e un periodo di stagionatura nell' acqua salata.
Jerica poi l' ho reincontrata, ripassando anni dopo con l' Andromeda, nell' isola di Aquadup. Sempre maestra, ancora piu rotonda, sui 100 kg. Venne a trovarci in barca con una squadra di colleghe. Scendendo a visitare lo scafo di sinistra le capito' di incastrarsi nello stretto corridoio degli scalini. Le risate !
 Ma piu rideva pure lei, piu la ciccia traballava e piu si incastrava. Per stapparla ci volle la catena umana delle altre maestre , tirando a tutta forza.

Alri fatti ? Si. Stavamo ancorati col Samadhi tra le isole non so dove. Una signora anziana o vecchietta, con gli indiani Kuna l' eta' anagrafica e' un mistero, veniva a trovarci tutti i giorni con al seguito una bimbetta dai capelli arruffati di circa 3 anni. Scambiavamo cose di vario genere. Tra le altre tenevo in barca la stufetta a petrolio da campo del generale Montgomery (presumo) comperata da un rigattiere di Malta quando dovevamo scaldarci nell' inverno maltese. Bueno. In cambio di molas e altro riuscii a piazzare pure quella ed e' stato come vendere frigoriferi agli esquimesi. Un giorno la vecchia ci propose di comperarle la bimba. E insisteva pure ! Ma come, non era sua figlia o sua nipote ? Non riusciva a mantenerla ? Pensava che avrebbe avuto una vita migliore in mano a due squinternati velisti ? Strani fatti.
Come quelli del Bagoas. Il Bagoas era una brutta barca, grossa e grigia a due alberi condotta da due schifosi olandesi che bazzicavano le isole organizzando festini a bordo con tutti i ragazzini che riuscivano ad acchiappare. Ci sono voluti i velisti occidentali tutti insieme per farli sparire dalla circolazione. Ma secondo me bisognava bruciarli sul posto perche saranno andati a fare danni altrove. Luci e ombre delle S. Blas.
Infine arrivammo a Porvenir, isola Panamegna per le pratiche di ingresso nella Comarca di Kuna Yala, dopo settimane da clandestini.
In questa zona, a nord dell'arcipelago il via vai dei velisti e' piuttosto sostenuto. Qualcuno fa charter, ma i Kuna non vedono la cosa di buon occhio. Non puoi venire a lavorare a casa mia e non darmi niente. Su alcune isole compaiono cartelli di divieto di sbarco.
Ai tempi del Samadhi presso Porvenir i kuna stavano accumulando blocchi di corallo su un vasto basso fondale. Tutto a mano. Ripassando con l' Andromeda tre anni dopo, ecco una nuova isola, verde e con alcune palme gia avviate.
E, ancora un ricordino, fu proprio in quei paraggi che Alberto, pescatore di talento, prese all' amo una notte una grossa cernia e subito dopo due squali uno dei quali dibattendosi furiosamente nel pozzetto mi trancio' con i denti la cima del carrello della randa. Maldido.
Hasta lluego.

martedì 5 febbraio 2013

KUNA YALA


Ok, mi dicono, siete partiti dalle isole del Rosario, c' era la luna, e poi ?
Gia. Beh, abbiamo avuto la traversata del Golfo di Darien piuttosto tribolata.
Tanto che puntando la prua su Cajo Olandes, siamo finiti un bel po di miglia a sud fra le isole S. Blas della Comarca di Kuna Yala.
Una congiura di correnti, piovaschi, piatte, trombe d' aria e vento sul naso.
 Poi e' capitato che la seconda notte a tre quarti di strada , randa terzarolata e fiocco, il log mi segnava 6 nodi e il GPS solo uno e mezzo ma all' indietro ! Assurdo ! Stavamo retocedendo. Non riuscivo a capacitarmene. In pratica, una forte corrente da nord non voleva farci avanzare. Era come essere incappati in una rete o una cima trascinati verso sud da un mostro marino o un sommergibile.
Stando cosi le cose, inutile rimontare tale corrente, meglio tagliarla in perpendicolare e col motore in aggiunta vedere di uscirne fuori al piu presto.
Oltre al resto Alberto soffriva di mal di mare ma era sempre stoicamente presente ai suoi turni di guardia.
Due giorni e mezzo. La mattina del 6-11-2004 avvistiamo terra.
Non era previsto un atterraggio cosi a sud e si presentava il problema di trovare un varco nella barriera corallina. Gia si vedeva la schiena di grossi cavalloni che si rovesciavamo fragorosamente sui coralli. Che fare ? O la va o la spacca !
Scelto un punto del mare abbastanza calmo, via in quella direzione. Tesi come violini, poco dopo eravamo lanciati in surf oltre il reef su due lunghe onde che fortunatamente non frangevano e finalmente in una calma celestiale a ridosso di un' isoletta ricoperta di palme. Achutupu.
Lasciamo la parola al diario di bordo:
" Achutupu. Isoletta sperduta nella misteriosa geografia della costa Panamense. Isola di palme; e capanne costruite con le stesse. L' isola, come molte altre, e' stata  progressivamente ampliata dagli abitanti, gli indiani Kuna, generazione dopo generazione accatastando blocchi di corallo sui bassi fondali fino a farli emergere di un buon metro oltre la linea dell' alta marea che qui e' scarsa, sui 50 cm. Poi con canoa monossila e pagaia, cayuko e canaleta, dalla costa viene prelevata e trasportata terra buona per compattare il terreno e quindi piantare palme da cocco, alberi del pane, manghi, allestire orti etc.
I Kuna o Guna come dicono loro non avendo la fonetica del K, riportano le caratteristiche somatiche dei primi amerindi, studiati a livello antropologico per capire di quale ondata migratoria attraverso lo stretto di Bering facciano parte. Un pueblo del Neolitico ancora esistente in questa era del Villaggio Globale.
Notevole il contrasto dell' aereoplanino, mezzo altamente tecnologico, che atterra tra le palme presso il villaggio dove decine di persone , donne uomini, bambini, si spostano nella laguna pagaiando su tronchi scavati. Solo qualche eccentrico dispone di un fuoribordo, primo sintomo dell' inizio della fine dopo migliaia di anni di una vita pur povera ma sicuramente collaudata e bastante a se stessa."
Trascorriamo qui un paio di giorni da Paradiso. Ogni tanto abbiamo la gradita visita di qualche indiano che viene a vedere da vicino gli alieni dell'astronave bianca e con cui scambiamo pochi balboa con molas pesce e buona frutta.

Poi capita il fattaccio. Dal diario:
 " ore  7. Sole, aria tersa, temperatura ideale. Compleanno di Alberto.
Dal villaggio partono gruppi di donne in canoa e dirigono verso la costa. Fazzolettone rosso in testa e costume tradizionale. Molto variopinto. Le braccia e le gambe fasciate da decine di braccialetti di perline colorate. Le piu anziane portano un anello d' oro alla base del naso.
Dove vanno ? Perche ? Calo in acqua il kayak e le seguo. Mi inoltro cosi in un fiumiciattolo, rio Bippi, che ansa dopo ansa penetre placido verso l' interno. Acqua quasi immobile sotto una volta di palme e alberi che si chiudono in alto. Muy tranquillo. Silenzio. Ogni tanto il fischio di qualche uccello. Sulle rive stazionano qua e la gruppi di canoe e li nei pressi compaiono tetti di piccole capanne. Sale il fumo di qualche fuoco. Voci di bimbi. Piu avanti un anziano sta spianando una radura di erbe con il machete. Neanche mi guarda.
Ed ecco che a una svolta incappo improvvisamente nel gruppo delle signore due delle quali stanno accucciate nell' acqua con le gonne raccolte e il culo scoperto !
Panico generale ! Strilli e scatti concitati ! Occhiatacce che mi incendiano. Tutto rosso come loro, faccio l' indiano, saluto, accelero la pagaiata e passo oltre.
Arrivo dopo 2 miglia alla sorgente del rio. Qui l' acqua e' limpida e fresca. Scendo e risalgo la riva tra palme e banani verso un gruppo di basse tettoie solitarie. Ognuna presenta un tumulo di terra al centro, coperto con alcune stuoie sulle quali sono posati piatti, vasi , conchiglie. Un cimitero.
Qui vengono portati i defunti dell' isola e qui si viene a coltivare qualche appezzamento di terreno, lavorando dove riposano gli antenati e facendo partecipare in qualche modo anche loro alla vita che continua.
Al ritorno , su una spiaggia ho un incontro ravvicinato con tre giovani bellezze locali, alle quali faccio provare il mio kayak di vetroresina in cambio di una prova col loro cayuko, pesante e massiccio. Loro se la cavano subito egregiamente, io invece faccio la figura dell' imbranato. Allora tento di risalire di quotazioni col discorso dell' assonanza tra kayak esquimese e cayuko dei Kuna, una faccia una razza, discorso portato per lo piu a gesti... Mi guardano come un deficiente.

Concordiamo pero un incontro per l' indomani per visionare un campionario delle famose molas, variopinti e finissimi lavori di cucito sovrapponendo diversi tagli di stoffe colorate a comporre qualsiasi disegno.
Ma l' indomani ne loro ne nessuno degli altri viene piu a trovarci.
Veniamo a sapere poi che dopo il fattaccio delle signore sul fiume e l' incontro troppo disinvolto con le signorine, il Sahila del villaggio nel quotidiano raduno nella capanna del Congresso, ha imposto di tagliare le relazioni e non avere piu contatti con gli alieni dell' astronave bianca.
Ce ne dobbiamo proprio andare. Sigh.

domenica 3 febbraio 2013

AMARCORD


Era il mese di ottobre dell' anno 2004 e me ne stavo ancorato con il Samadhi nella rada dei velisti di fronte a Cartagena de Indias in  Colombia.
Tra piovaschi, temporali tropicali e giornate di sole feroce ero in attesa di Alberto, compaesano della prima ora di quando eravamo ragazzini, colpito e deciso a vivere un' avventura nautica, cosi di primo acchito, non avendo mai navigato a vela prima di allora.
 Pero', pescatore per vocazione. Sta nel guinness dei primati per aver pescato la trota piu grande del mondo, attualmente imbalsamata e troneggiante in casa sua.
Ed eccolo finalmente. Lo accompagno dall' aereoporto alla barca attraverso il traffico assordante e caotico tra i mototaxi che sfrecciano come vespe furiose.
Scrivevo in proposito sul diario di bordo :
" Mototaxi. Encomiabile iniziativa sorta a Cartagena. Invece che 10- 20 mila pesos a un taxista bloccato nel traffico, 1,5 mila pesos a uno dei tanti ragazzi con giubbetto catarifrangente che in un batter d' occhio ti portano col motorino dove vuoi. Da fargli un monumento. Invece l' iniziativa e' osteggiata prima di tutto dai taxisti che si vedono defalcare un numero cospicuo di potenziali polli e poi dalle istituzioni, Comune, Polizia, dato che il fenomeno contravviene a diverse regole."
Bueno. Seguono alcuni giorni di preparativi alla partenza da questa citta' ad alto rischio. Sempre dal diario :
" Cartagena mi ricorda Bombay dove sui marciapiedi hanno piantato radici quei microscopici chioschetti arrangiati in qualche modo, di vari artigiani. Il calzolaio, l' orologiaio, il rigattiere e quell' accidente specializzato in ricambi di moke da caffe che mi ha rifilato la retina sbagliata. etc."
E ancora :
" Ogni tanto si sentono alla radio diversi appelli per arginare la delinquenza di alcuni Barrios. Problema di difficilissima soluzione. Problema originato da bassa scolarizzazione e fuga di pobres dall' interno verso i miraggi della metropoli dei grattacieli. Aumento conseguente di sacche di miseria costituite da gente che si adatta a sopravvivere sotto i ponti o in agglomerati di baracche.
 Boom demografico. Ancora non portano via i morti dagli androni all' alba come a Bombay, ma non manca molto.
 Indice sintomatico del livello di civilta' di una popolazione e' il volume di basura di cui si circonda "
E poi :
" Hanno rubato il fuoribordo nuovo a Piero&S. Poco prima dell' alba. 10 HP, quattro tempi, smontato dal gommone che peraltro stava sollevato di fianco alla loro barca. E' gia il secondo che sparisce in un mese tra le barche ancorate. Hic sunt ladrones !
 Sara' vero che delle risorse limitate del pianeta la distribuzione non e' equa e c' e' chi mangia 10 e chi 0,2 ma il fuoribordo ci serve e non lo abbiamo ricevuto in regalo. Vedete invece di appianare i conti con i vostri pasciutissimi capetti."
Periodicamente questa ciudad e' attraversata da allegre e interminabili fiestas a base di musica e balli etnici , leggi africani, roba tipo - i tamburi rullarono ossessivamente tutta la notte sovrastando le mille voci della foresta -
Sicche' non ti meravigli se plotoni di ragazze madri commerciano lungo le vie in pacchettini di fazzoletti di carta o ti propongono di venire a limpiar el barco.
Infine salpammo. Verso las Islas del Rosario.
Era il 3 di novembre. Dal diario :
ore 9,10  Al traverso a sinistra di Tierra Bomba. Vento contro. Fiacco fiacco. Motore.
ore 13,30  Finalmente raggiungiamo l' isola di Baru e diamo fondo su 5 m in una rada protetta, sotto un cielo azzurro da cartolina. Ma subito siamo assediati da tre canoe monossile, tronchi scavati, di poveri cristi locali. A due di questi commissioniamo un giro per prendere 10 litri di gasolina e ci prendiamo la inevitabile fregatura. Oltre al fatto che ora altri gravitano attorno alla barca, fastidiosi come le mosche. Bruciarli !
ore 16  Dopo aver pulito ben bene la carena sott'acqua, salpiamo con l' ultima luce del dia. Scapoliamo con tre waypoint alcune secche e ci mettiamo in rotta per ovest.
ore 24  Cambio turno. La Luna, in cielo come un fanale.