domenica 21 giugno 2020

GINEVRA


Ginevra è il nome del nuovo monoscafo Janneau 42 di Gian. Lo dobbiamo trasferire da Napoli Mergellina a Monfalcone.

5-6-2020 Venerdi.
Il treno arriva a Napoli con 25 minuti di ritardo e perdo l’ultima metropolitana per Mergellina.
Per un po aspetto un autobus fuori dalla stazione. Ma l’ambiente è preoccupante. Pare di essere finito in un souq afroislamico dove tristi figure si aggirano a gruppetti nel buio impegnate in strani traffici e non si vede un napoletano che sia uno!
Decido per un taxi.
In piazza San Nazzaro mi aspetta Gian. Salutoni attraverso la mascherina, gomitate e mi accompagna in barca. Siamo in quattro. Io, Gian e la sua gentile consorte con un’amica e socia. Marghe e Franci, autonominatesi “LE GIASONE” parafrasando la mitica impresa degli Argonauti alla conquista del Vello D’Oro.

Sabato. Ore 8. Con calma. Colazione al bar, in piedi, tutti mascherati.
Alle 9 si parte. La barca è ok, mancano solo le cimette per le bandierine.  Motore randa e fiocco. Vento scarso e sole caldo. Arriviamo ad Acciaroli nel tardo pomeriggio. Paesino molto caratteristico, c’ero stato con il Samadhi nel 2001. Ormeggiamo in banchina con le trappe. Cena fuori, passeggiata e a nanna.

Domenica. Aspettiamo l’apertura del distributore, quindi acqua, gasolio e via. Altra giornata di medie ariette e sole ancora piu caldo. Per non annoiarci troppo sotto autopilota, Franci provvede a farsi volare dalla testa il cappellino per ben due volte impegnandoci cosi in due manovre di salvamento cappellino a mare!  Infine attracchiamo al pontile di transito di Cetraro in Calabria.  Ed ecco che si presenta un tale a proporre il suo ristorante. Il Gambero Rosso. C’ero gia stato nel 2001 e in quel ristorante eravamo stati brutalmente salassati. Non a caso. Il Gambero Rosso è l’osteria dove Pinocchio ci rimise uno dei cinque zecchini d’oro, ricevuti da Mangiafuoco, per il pasto luculliano offerto al Gatto e alla Volpe dai quali fu poi impiccato!  Comunque qui Franci rimedia un po di aglio e altre cose per gli spaghetti allo scoglio utilizzando il Take Away della serata di Acciaroli. L’arte del riciclo.

Lunedi. Pioggia nella notte. Sciogliamo gli ormeggi in un’ alba grigia e piovviginosa. Cerata completa e ci portiamo al largo per decidere una rotta tre Vibo Valenza e Stromboli. La bilancia pende un pochino verso Stromboli. E fu bene. I cieli si spalancano e il sole torna feroce. Riusciamo a fare vela per un buon tratto. In vista del vulcano si nota uno sbuffo di fumaccio nero che fuoriesce dalla sommità. Si sa. Il vulcano è sempre attivo. Ma ecco formarsi alla base dell’isola preoccupanti nuvole bianche che si allargano sempre piu! Eruzione in corso?!  Fiumi di lava che scendono dalle pendici alzando banchi di vapore a contatto con l’acqua del mare?  Pronti a girare la barca prima che l’eruzione diventi Pompeiana!  Ad ogni buon conto cerchiamo notizie Ansa sul web, Gian telefona a Stromboli per delucidazioni in merito, ma nell’isola è tutto tranquillo. Le nuvole? Solo vapore che sale dalla costa bagnata dalle piogge della notte. Nessuna catastrofe, a parte il metaforico cerino che ci si spegne in mano.  Bene.  Via telefono Gian prenota una boa a un tale Alessandro che volentieri la va a posizionare proprio per noi, primi clienti della stagione, dopo mesi di strette di cinghia a causa dei blocchi del Coronavirus. Ma, arrivati alla boa, questa è occupata da un peschereccio. Per un po rimaniamo ormeggiati insieme, poi i pescatori gentilmente ce la lasciano e passano alla banchina traghetti.
Sole caldo. Bagnetti. Tutti in acqua.
 Sono li sulla tuga che mi sto asciugando quando passa un gommone con un omone barbuto e cappelluto che sembra un vichingo. Francesco ..?
-Francesco !- gli grido. Due volte. Mi guarda perplesso, gira il gommone e viene sottobordo.
-Salve. Francesco Rinauro?-
-No sono Stefano, ma sto lavorando per Francesco-
-Allora è sull’isola. Hai il numero?-
-Si, te lo passo-  ma lo chiama dal suo e me lo passa in diretta.
-Ciao Francesco sono Claudio, quel tale che nel 1999 era venuto a vedere il tuo catamarano Manutara e mi ci avevi fatto dormire per una notte. Ai tempi del tuo bimbetto BumBum che giocava con le chiavi inglesi tutto nudo sulla spiaggia nera mentre pulivamo i winches in un secchio di gasolio.  Però poi avevo acquistato il Samadhi e passando due anni dopo alle Eolie ci eravamo trovati casualmente a Panarea mentre aspettavi il traghetto per Stromboli. Beh, ti eri fatto le 10 miglia con noi timonando capelli al vento per tutta la tratta-
-Ah si, mi ricordo-
-Bueno. Poi scendiamo e forse ci si trova in paese-
Gentilissimamente lo stesso Stefano, che stava andando a Ginostra con un carico di mattoni, ci accompagna in banchina. E’ proprio un vichingo ( c’è stata l’invasione dei Normanni secoli fa in Sicilia) e Stefano è originario dell’isola da generazioni. Di età indefinibile, è già nonno, ma si fa le salite al cratere come un giovanotto di vent’anni.
Ai miei tempi si girava per gli stretti vicoli di Ficogrande, capoluogo dell’isola, su Api Piaggio. Ne rimane ancora qualcuna ma ora si gira con automobiline elettriche , quelle dei campi da golf per intenderci. Con una di queste veniamo portati a casa di Francesco.  Ed eccoci ritrovati dopo 18 anni, io invecchiato lui sempre uguale. BumBum ormai è un giovanotto ma un altro ne è nato nel frattempo. Salutoni strette di mano alla faccia del virus, quattro chiacchere e l’augurio di ritrovarci tra altri 18 anni. Anche prima magari.
Dalla chiesa del paese il panorama è superbo. Gruppi di casette bianche scendono circondate dal verde verso la costa e sul mare si staglia imponente lo scoglio di Strombolicchio illuminato dal sole del tramonto. Nel paese quasi tutte le attività sono chiuse e praticamente siamo gli unici turisti capitati qui per caso. Facciamo rifornimento ad un alimentari, i limoni sono gratis, e un drink al bar del porto. Calma di vento. Silenzio. Notte di luna piena.

Martedi.  In rotta verso lo stretto di Messina. Persistono le vaghe ariette. Nello stretto che passiamo con corrente a favore, incrociano due Spadare, barche per la pesca del pesce spada, con due omini su un alto traliccio a scrutare il mare e un altro su una lunga passerella tesa a prua pronto a fiocinare lo spada.  Arriva il vento. Dritto da poppa a 16 nodi. Gian organizza un tangone per il genoa e lo prendiamo con vele a farfalla. 8-9 nodi sul GPS fino a Capo Spartivento.  Infatti dopo il Capo il vento viene spartito e ce lo ritroviamo in prua come da situazione classica secondo la Treccani dei velisti che enuncia:  “Il vento è quell’ agente atmosferico che soffia sempre dalle parti della prua”. Motore e randa al centro.  Si prosegue non stop verso il profondo sud del tacco. Santa Maria di Leuca.

Mercoledi. Notte scombussolata con onda e vento sostenuto. Pure la Luna si nasconde dietro una scura nuvolaglia. Turni di guardia e manovre sulle vele. Poi torna il sole per gran parte della giornata e ci gratifica con la formazione di due grandi arcobaleni. Un folto gruppo di giovani delfini ci accompagna per un buon tratto. Gian contatta la capitaneria di S.M.di Leuca e seguono scambi di mail e telefonate. Vogliono la lista dell’equipaggio con nomi e cognomi e data di nascita. Perché? Per sapere chi sono gli untori, in caso di recrudescenza contagi in zona e scolpirne poi i nomi sulla Colonna Infame di Manzoniana memoria.  Invece entrati in porto a far gasolio, tutto tranquillo. Anzi, niente Marina, il benzinaio ci concede la banchina per la notte. Celebriamo a cena fuori. Da Fedele, al porto pescatori.

Giovedi.  Si comincia a risalire l’Adriatico. Conviene portarsi sulla costa Croata. Vela e motore mantenendo una velocità costante tra una sventolata e una calma. Cielo variabile ma verso la costa italiana si addensano piovaschi. Al tramonto, subito dopo che il sole sparisce all’orizzonte Gian nota una strana luce gialla tra mare e cielo, molto luminosa…- Alieni- dice. Piu avanti, nel turno di guardia con Marghe, prima del buio compare nella stessa posizione una nuvoletta nera, molto compatta, assolutamente diversa dalle striature sospese in orizzontale e piuttosto sfilacciate.  Partono le piu strane congetture: esplosione a bordo di una nave che non si vede nemmeno col binocolo? Un sommergibile in parziale emersione? Nascita di un nuovo vulcano? Un Fungo atomico !?  Marghe, per non preoccuparsi troppo mette in pratica il suo sistema. Glissare l’evento. Semplicemente non esiste. Gli volta le spalle. Illusione ottica. Ed effettivamente poco dopo il fumaccio nero scompare! Si è offeso e se ne è andato.  Notte tranquilla a turni di vedetta ragionando sui Massimi Sistemi.  
Nel primo mattino, eccoci a Dubrovnik. Spiagge deserte. Alberghi chiusi e in disarmo. Nessuno in giro. Sembra l’alba del The Day After quando in un mondo deserto una voce via radio seguitava a chiedere disperatamente.. - c’è nessuno in ascolto? -  Sbrigate le pratiche di ingresso Croazia, puntiamo il paesino di Sudurad. Un paesino carinissimo, una specie di Portofino in sedicesimo con tanto di castello sul porto e le casette in pietra calcarea tutto attorno. Partiti per una rapida esplorazione con Gian, incontriamo un’anziana signora che cammina faticosamente curva in avanti e di fianco, trascinando un trolley e due borse. Le diamo una mano. Con noi parla spagnolo. E’ vissuta 40 anni a Lima in Perù dove è scappata dopo la guerra perchè, dice, non le piaceva il regime comunista di Tito Broz. Ora è tornata e vive in una casetta sulla collina. Sarebbe una fonte vivente di preziose informazioni. Dovremmo tornare come giornalisti per una dettagliata intervista. Ma data l’età dobbiamo far presto. Ehm…detto da me poi che ho gia 94 anni..   Nel pomeriggio arriva un traghetto Jadrolinia e un barcotto con un gruppetto di isolani e turisti che si fermano per un drink nell’unico bar del porto. Timida ripresa della vita nel dopovirus.

Sabato.  Si dice che quando si instaura il NW questo puo soffiare per tre giorni o una settimana. Però rischiara il cielo. Intanto lo abbiamo sempre sul naso e dato che questo è un trasferimento e non una crociera, tantomeno una regata, il motore fa la parte del leone. Nel canale di Curzola ci soffia contro a raffiche di 20 nodi. Una gioia per il vespaio di windsurf e kitesurf che ci sfrecciano davanti! Si puo notare tra i vari modelli l’evoluzione di questa specialità. Dai windsurf prima maniera, tavola e vela, ai kitesurf, tavoletta e vela- paracadute su in alto nel vento, fino alle tavolette con idrofoil che sollevano il tutto sopra la superfice del mare e l’omino sta letteralmente volando!
 A fine giornata dopo aver macinato 78 miglia, troviamo fortunosamente posto in banchina nella cittadina di Hvar. Non c’ero mai stato. Rien a dir. Hvar è la Montecarlo della Dalmazia. In stile tipicamente veneziano, nel caldo colore del calcare locale, si snoda attorno alla baia sormontata dai bastioni di un’imponente fortezza sulla collina. Diversi locali aperti. Già un discreto movimento turistico. Nessuno con la mascherina.

Domenica.  Veleggiata domenicale verso Prvic. Bolina tesa a 6-7 nodi tra isolette , scogli e pericoli isolati. Ginevra in questa prima prova seria controvento si dimostra niente male. Fila che è un piacere!



 Le rogne invece , come al solito, capitano a terra: andando all’ormeggio in banchina, una trappa finisce nell’elica, si spegne il motore e tutto l’equipaggio è impegnato a lavorare di muscoli! Però Marghe è contenta. Da giorni aspettava il momento di un bagnetto e subito scende sott’acqua a liberare l’elica. Molto bene. Segue un pomeriggio di tintarelle e pisolini inframmezzati dall’arrivo di altre barche da charter che iniziano la settimana. Naturalmente diamo una mano agli ormeggi e rimediamo un paio di birre in lattina. Grazie. Quest’isola ha due paesini uno piu carino dell’altro. Ce li visitiamo entrambi anche se pioviggina. Poi finisce a brodetto di polipi e vino bianco.

Lunedì.  Giornata senza storia. Navigazione di routine a motore su un mare piatto e grigio sotto una coperta di nuvole. Gian lo skipper consegna all’equipaggio perchè si informi, un libro divulgativo sulle intuizioni di Albert Einstein riguardo allo spazio-tempo, la Gravitazione e la Relatività Generale. Un libro da leggere con seria concentrazione, in silenzio come in chiesa.. Pochi minuti e l’equipaggio con il libro aperto davanti scoppia in una collettiva irrefrenabile risata, neanche fosse un libro comico! Lo Skipper è sconcertato.. Troppo ostico per noi umani.  
 Approdiamo a Silba. In banchina all’inglese davanti all’ingresso del porticciolo. Solo altre due barche di turisti. Passeggiatona tra i vicoli labirintici del paese. Perdo l’orientamento ed è così che càpito davanti ad un curiosa torretta costruita da un tale Petar per la sua amata, della quale poi sposò la figlia. Domenika Rosul. Strani amori.

Martedi.  Da Silba a Isola Rossa. Il Quarnaro attraversato come sul velluto, senza onda, di bolina larga. Timoniere, Le Giasone! Dopo Capo Premantura il cielo va in crisi tra neri nuvoloni, parziali schiarite e il vento che non sa che direzione prendere. Becchiamo pure qualche goccia. All’Isola Rossa ci aspetta il biondo custode che ci piazza in banchina, unica barca in un porticciolo che ho sempre visto strapieno. Sembra di essere tornati agli anni ’50. C’ero anch’io e le barche erano di legno. Il grande albergo in completo disarmo. Comandano i gabbiani.

Mercoledi.  Rapida puntata a Rovigno per le carte di uscita dalla Croazia. Ultimo pieno gasolio, sigarette e alla via verso Monfalcone. A due miglia da Monfalcone ci potrebbe scappare un’ultimo bagnetto, ma lassù qualcuno ci ascolta e dispettoso, addensa un nero nuvolone fantozziano proprio sopra Monfalcone con minaccia di tromba d’aria! Rien a faire. Proseguiamo fino all’ormeggio e il nuvolone si dissolve. Fine.
 Cenone celebrativo con il Claudio di Franci qui giunto a recuperare la troupe.

Bene. Dodici giorni. Magici. Ci ripenso e tutto mi pare un sogno. E come nei sogni, i ricordi se pur ancora vividi mi trasportano in una dimensione senza spazio e senza tempo. Come in un eterno presente!
Ciao.