domenica 20 dicembre 2020

ANTEFATTI

 

 Com’è che si diventa barcaroli e velisti?

O ci si nasce, perché dell’ambiente, o per varie concomitanze nella vita.

Nel mio caso credo che questa sana passione risalga ai miei primi anni di vita.
Ero un bimbetto con i riccioli biondi e la banana, avrò avuto quattro o cinque primavere, e in estate venivo spedito a passare un periodo dalla mia nonna paterna, giù nel veronese.
Stavo in un paesello dove la casa dava su una piazza ma dietro si apriva subito la campagna.
Da qui si dipartiva un viottolo che finiva su un canale di acque morte che si diceva comunicasse con l’Adige.
Legata ad un paletto infisso nel fango galleggiava una vecchia barca dal fondo piatto. Faceva acqua, era malmessa e tarlata ma pure stava a galla e quando finalmente presi il coraggio di salirvi sopra, il fatto di dondolare così sull’elemento liquido mentre lo scafo prendeva direzioni diverse, mi parve un’esperienza straordinaria!
Ancora più straordinario era il fatto che alle volte spariva per giorni, per ricomparire poi come l’Olandese Volante quando meno me lo aspettavo. Segno che addirittura navigava! Dove? Con chi?
Quando lo chiedevo alla nonna, mi faceva un nome ma era come dire nessuno e il mistero rimaneva.
 
Un’altra esperienza simile la ebbi pochi anni dopo. Erano anni dove i bambini venivano spediti nelle colonie estive. Me le son fatte tutte dalla Pontificia Opera Assistenza, alla Croce Rossa e Montecatini. Alle volte tornavo dal mare e subito mi rispedivano in montagna.
Allora le colonie non erano i villaggi turistici di adesso, erano dei reclusori, dei riformatori, neanche fossimo delinquenti!
Sempre allineati in fila per due, sveglia presto, farsi il letto, alza bandiera, passeggiata lungo le spiagge incrociando file di altre colonie  -  di che Colonia siete? – della fame e della sete! – e finalmente la colazione.
In spiaggia poi divisi per squadre i maschietti di qua le bambine di là. Il bagno in mare tra due fischietti di pochi minuti, neanche il tempo di provare due bracciate. Ogni pomeriggio due ore di pisolino con le tapparelle abbassate mentre fuori splendeva un sole smagliante.
Proprio a me che a casa i pomeriggi li passavo tra le cascate e le vasche del Rio Sinigo con tutti i ragazzini del paese e dove siamo diventati rocciatori, tuffatori, nuotatori e subacquei!


Ecco perché, per non dover subire l’ignobile tortura del pisolo, in tre organizzammo un’evasione.
Zitti zitti, strisciando col passo del leopardo sotto le brande della camerata, sgattaiolammo fuori nel sole, scavalcammo il muro di cinta e via di corsa!
Girovagando così nella periferia di Cesenatico capitammo davanti ad un laghetto, una pozza d’acqua dove giaceva sulla riva una vecchia barca semisfondata.  La spingemmo dentro e prendemmo il largo giocando per ore ai pirati su quello che immaginavamo fosse il mare sconfinato. Dimentichi di tutto il resto, finalmente liberi come i gabbiani nell’aria!
Quando tornammo in carc…ehm, in colonia fui preso a schiaffi dalla mia assistente, tutta rossa in faccia e con le lacrime agli occhi. Non accampai scuse ma mantenni fermamente il mio concetto di “uomo libero”.
(insomma, poi sotto naja mi dicevo, che bello qui, abbiamo anche la libera uscita!)
 
Passarono alcuni anni. Tra i libri di scuola ne avevo uno che presentava a pagina doppia l’immagine di un veliero dove era riportata la nomenclatura delle varie attrezzature. Coffa, bompresso, vela di gabbia, bigotte, griselle e via enumerando. Un nuovo mondo mi si apriva davanti. Ne feci subito un modellino in legno, con le vele di carta.
Tuttavia questo nuovo mondo mi riusciva per tanti versi incomprensibile.
Le vedevo le barche a vela, al mare e nei laghi, ma mi parevano sempre ferme aspettando chissà cosa, mentre i motoscafi sfrecciavano veloci in ogni dove lasciando dietro una lunga scia di schiuma. Altri mezzi poi erano piu veloci, automobili, treni, aerei.
La Vela? Mezzo antico e anacronistico.
Ma, come si dice, chi disprezza comprerà!
 
Andò così: in una grigia serata d'inverno stavo con tre amici davanti a una birra alla Forst di Merano e già pensavamo all'estate.
- Allora dove si va in giugno?-
- A Ponza. Bella isola. C'è gnocca-
- E come, in traghetto? Costa! - eravamo squattrinati.
- Allora a remi. Remiamo a turno-
- Si? Sono settanta chilometri dal Circeo. Ti ci vedi? -
- A vela. Il vento è gratis-
- E se soffia contro? -
- Le barche a vela possono avanzare anche controvento - Lorenzo la sapeva lunga.
A me questo fatto pareva incomprensibile. Qualsiasi cosa galleggi sull'acqua se ne va necessariamente nella direzione del vento.
 Com'è che una barca a vela che mezz’ora fa stava laggiù, ora con questo vento che soffia in quella direzione me la trovo qui davanti??
Mistero.
Il giorno seguente mi comperai un manualetto di vela e, meravigliato, svelai l'arcano.
Nel corso dell'inverno lo imparai praticamente a memoria. Sapevo tutto. 
In primavera, durante una breve vacanza nella Jugoslavia di Tito a Plava Laguna, noleggiai con l’amico Pippo il nostro primo Flyng Junior e partimmo decisi, vento in poppa. Dieci minuti dopo eravamo rovesciati in mezzo al mare!


 Una cosa è la teoria e un'altra è la pratica.
Comunque da quel giorno ne facemmo parecchia. Ogni pomeriggio due ore di vela, doverosamente finalizzate a un giro tra le bettole della costa.
 Un bicchiere a Fontana, uno al bar del campeggio e un altro tornati in porto.
 Sicchè continuo a considerare la vela, piccola o grande che sia, come mezzo per recarmi nei posti che desidero.
( E' vero che poi mi sono fatto anche diverse stagioni di regate, per affinare la tecnica, ma queste competizioni da fighetti non sono nelle mie corde. Con l'ultima che ho vinto sul Garda, ho chiuso.)
 
A questo punto avrei voluto un Flyng Junior tutto mio da caricare sull’auto e spaziare tra laghi e mari. Ma pesava 150 kg, un bel problema caricarlo sul portapacchi. Dividerlo in due parti?...
Ed ecco l’uovo di Colombo!
 Un catamarano. Due scafi leggeri, due traverse e l’albero in mezzo. Timoni, derive e il resto nel bagagliaio. Ne trovai uno al lago di Garda.  Autocostruito in vetroresina da un tedesco di Germania.  Timoni e derive in legno e albero in lega lungo otto metri.
Subito mi lanciai con mio fratello in una crociera di quattro giorni sul lago. Si dormiva in tenda ormeggiati alle canne sulle rive o sulle spiagge di ciottoli. Isolamento ideale: sul telone a mezzo metro da terra, nel catino della tenda, sui materassini gonfiabili e dentro i sacchi a pelo.
Seguirono altre crociere su altri laghi del nord Italia e attorno all'Italia stessa che ha ottomila chilometri di coste e varie isole. A volte in solitario e altre con amici, Salì a bordo anche una ragazza che trovava questa formula del campeggio nautico molto interessante, tanto che in breve tempo ci infilammo le fedi al dito e ancora oggi è la mia gentile consorte.



Al catamarano misi nome"Hoeanà" che in polinesiano significa, Rema! Per via delle piatte mediterranee

Alla nascita del secondo figlio dovetti venderlo. Nelle foto degli album dell’epoca si voltano pagine e pagine dove Hoeanà la fa da padrone. 
Poi seguono pagine e pagine dove Claudio spinge passeggini.
Piu oltre ecco ricomparire i catamarani.
 Questa volta, anno dopo anno, per una settimana di noleggio un po dovunque, in Sardegna, in Grecia, in Turchia e perfino alle Antille.
Ma una settimana all’anno è troppo poco.

 In tre amigos acquistammo la Lady. Un monoscafo di 7,5 m, modello Atlas, costruito a Dusseldorf. Faceva base ad una boa nella baia di Medulin in fondo all’Istria e ci costava cinquantamila lire al mese diviso tre. Una miseria.
Con la Lady furono crociere infuocate giù per la Dalmazia e in alto Adriatico. Nel mio fanatismo velico la portavo tra le isolette della baia anche in inverno, almeno ogni venti giorni.
I due soci invece la usavano molto raramente, finchè, dopo tre anni, decisero di venderla.
Fu una vendita curiosa. Talmente curiosa che vale la pena raccontare.

Un tale dell’Isola di Lipari-Eolie, visto l’annuncio mi chiama:
- Ho visto la foto della barca. Mi piace. Dove sta? –
- Nella baia di Medulin in Istria –
- No, dove sta lei ora? –
- A Merano –
- Ah bene vengo a Merano –
- Si ma sono sette ore di viaggio da Merano a Medulin… –
Aveva già riattaccato.
Giorni dopo mentre ero in giro con l’auto della ditta mi richiama:
-  Sono Luciano. Ci eravamo sentiti per la barca. Sono alla stazione di Merano –
-  Oh cavolo! Fermo li. Passo tra un pò –
Vado alla stazione. Il signor Luciano è un pescatore in pensione, sulla sessantina, capelli neri e una pancia da buongustaio. Ha lasciato il peschereccio a uno dei suoi sette figli e con la Lady vorrebbe fare il turista come ne vede tanti che girovagano in barca a vela tra le isole Eolie .
Lo porto a casa mia insieme al mio socio Walter e spiano una cartina sul tavolo:
- Vedi, qui c’è Merano, tra le montagne. Medulin sta quaggiù in Croazia –
-  Si ma prima volevo parlare con voi –
E il mattino seguente se ne torna a Lipari
Una settimana dopo, altra chiamata:
- Vengo su a vedere la barca-
- Alt! Fermati a Mestre. Ci troviamo alla stazione e proseguiamo in macchina –
A Mestre scende dal treno con una grossa valigia in mano e si guarda attorno. Sta a tre linee di binari da noi. Gli facciamo segno agitando le braccia, ci riconosce e si butta deciso giu dal marciapiede saltellando sui binari tra i fischi agitati e imperiosi dei controllori. Lo carichiamo subito in auto e via!
Arrivati a Medulin con una breve remata raggiungiamo la barca alla boa.
Lui sale, si guarda attorno con noncuranza mentre sbocconcella un panino – Va bene – dice semplicemente.
Quindi estrae dal valigione un pacchetto di banconote e seduta stante ci paga, una sull’altra, il pattuito!
Ce li conta lì davanti e io e Walter rimaniamo a bocca aperta, esterefatti!
Quella sera grande festa al ristorante Tri Ferala di Pomer!  Grande mangiata e ancor piu grande bevuta.
Il signor Luciano, carburato pure lui, si ingolfa in animate discussioni con i pescatori locali. Lui parla siciliano stretto e loro croato ma inspiegabilmente pare si capiscano benissimo!
Verso le 22 lancio una proposta:
- Sentite, il meteo per questa notte da vento da sud forza 2-3. Si potrebbe partire a vela e raggiungere Umago domani mattina e fare le carte di uscita .-
- Ma sei ubriaco!? - 
Walter cerca in tutti i modi di dissuadermi ma anche Luciano si dichiara d’accordissimo. Dai che si va!
Ci facciamo così in due una notte di turni al timone, imbacuccati sotto una coperta, con un fresco venticello che spinge da dietro, lungo le coste dell’Istria che conosco a memoria.
All’alba siamo a Umag. Fatta l’uscita dalla Croazia proseguiamo per Caorle che raggiungiamo nel pomeriggio. Doppia pizza e a nanna.
Il mattino seguente prendiamo gli ultimi accordi:
- Ti accompagno fino a Venezia poi devo tornare a Merano. Vedi di procurarti carte nautiche della costa italiana e qualcosa per i bollettini meteo –
- Non c’è problema per me. Sto in mare da una vita e per il meteo mi basta guardare il cielo -
Sarà.. Ma intanto lo guardo perplesso.
- Invece vorrei passare da Pellestrina - aggiunge – Quando ero militare quarant’anni fa a Taranto, avevo un amico di Pellestrina che mi parlava bene della sua isola. Ecco, vorrei vederla. -
Ok. Rotta per Pellestrina.
Qui giunti, ormai scendo in banchina e chiedo a un tale che passa in bicicletta dove parte il traghetto per San Marco. Mentre costui mi informa in merito sento Luciano che dalla barca grida – Giovanni! Giovanni! –
Il tale della bici si gira…ed è proprio lui! L’amico militare di Taranto quarant’anni dopo!
Questa volta rimaniamo estrerefatti a bocca aperta tutti e tre!
 Quando si dice, i casi della vita. E’ proprio vero che la realtà a volte supera qualsiasi fantasia.
 Allora fermi tutti. Altra festa. Bisogna celebrare E via coi bicchieri!
 Domani è un altro giorno.

   P.S.  Luciano si portò la Lady a Lipari con calma, nel corso di un mese.
 Ci ritrovammo due anni dopo quando passai da quelle isole con il Samadhi.