sabato 27 febbraio 2021

ANDROMEDA

 Era l’agosto del 2006 quando, venduto il Samadhi acquistai Andromeda. Se ne stava da sette anni nel porto di Senigallia come casetta al mare, con poche uscite e qualche puntata attraverso l’Adriatico verso le isole della Dalmazia.

 Anche in questo caso non avevo tutta la cifra e anche allora Marco, il proprietario, mi venne incontro come socio in comproprietà al 25%.  Lui un quarto io tre quarti.

Andromeda era un Catana 42, progetto Lock Crowther come il Samadhi. Quattro cabine doppie ognuna con bagno e doccia e due singole a prua. Ampia dinette, ampio pozzetto, due motori diesel Volvo Penta da 28 HP, vari giochi di vele e tutto il necessario per la navigazione d’altura. Meno la radio SSB e l’Epirb che giustamente avevo tenuto dal catamarano precedente.

Ormai preso dalle navigazioni oceaniche rapidamente veleggiai con amici vecchi e nuovi verso Gibilterra, in tempo per un altro Atlantico. Rapidamente, si fa per dire: tanto motore nelle piatte e diversi contrattempi lungo il percorso, che sono una costante fisiologica della navigazione a vela. Ad esempio, a Termoli ci siamo beccati una tromba d’aria micidiale e per fortuna che eravamo in porto ormeggiati con una ragnatela di cime. Eravamo in quattro. La signora Lia - ormai scafata, quattro scafi - che faceva coppia con Luciano di Ferrara, e Alessandro di BZ che gia era venuto sul Samadhi lungo le coste del Tirreno.

 Scrivevo:..menomale che non siamo partiti. La tipa dell’ufficio mi avverte che verranno ad aggiungermi altre trappe perché è passata l’auto della Capitaneria con un avviso di burrasca locale. Allora chiudo e lego la randa come un salamino e faccio togliere il tendalino. Non arriviamo alla fine di queste manovre che il cielo diventa nero come la pece, cominciano a soffiare raffiche sempre piu intense e i monoscafi sono già inclinati di 30 gradi. Poi arriva il finimondo! Acqua spruzzata in orizzontale a 60 nodi mista a grandine. Non si vede a due passi. Sartie che fischiano e urlano. Oggetti che volano. Freddo. Non rimane che stare rintanati in barca a fare gli scongiuri. Il tutto dura una decina di minuti poi pian piano decresce, mentre il mostro nero si allontana in mare aperto. Al controllo dei danni riscontro solo la perdita di un asciugamano.

Un altro contrattempo ci capitò nel caso del naufragio.

Doppiato il sud della penisola avevamo fatto una puntatina alle Eolie, che meritano sempre. Eravamo in tre. Stefano, navigatore oceanico, secondo ufficiale di bordo sul Freccia di Rodolfo con cui avevamo condiviso in flottiglia il primo giro dalla Martinica a Tahiti; e Chiara, una simpatica signorina che avevamo imbarcato a santa Maria di Leuca. A Lipari Stefano abbandonò me e Chiara - sedotta e abbandonata – e se ne andò con l’aliscafo di linea. Per questioni di lavoro.

 Dunque il naufragio:

…ce ne andavamo via da Salina tranquilli per 330 gradi, a cinque nodi solo con il fiocco a causa di un temporale appena scansato. Vento da est-sudest al giardinetto 3-4 Beaufort e onda montante.

Chiara stava al timone e ad un certo momento vede levarsi all'orizzonte un razzo che ricade poi tremolando e lasciando una scia di fumo. Ancora fuochi artificiali per la festa si San Bartolomeo, ho pensato. Ma in lontananza si vedeva la massa scura di un’imbarcazione che rimpiccioliva sempre più e pareva proprio che andasse a fondo. Nel frattempo sul 16 qualcuno segnalava l’avvistamento del razzo e una barca in avaria. Allora motori al massimo e punto sul luogo. A 50 metri dal relitto – ormai tale era da considerare – del quale affiorava per un metro solo la prua con la sua ancora fissa sul musone, vediamo in acqua due persone aggrappate ad un atollo. Lui e lei. Lei piange. Mi avvicino in retromarcia e li imbarco dalla scaletta di poppa. Poi recuperiamo l’atollo, una valigia, una borsa e una gaffa. Tutti salvi compresi gli effetti personali e documenti vari seppur bagnati. Tè caldo, indumenti asciutti e torniamo a motore controvento a Salina. Qui giunti, dopo l’ormeggio ad una boa da 50 euro – poi ti pago, dice Francesco il naufrago, anche il diesel – passiamo la giornata in Capitaneria tra pratiche burocratiche e interrogatori separati. Perche?

Francesco e la sua bella sono di Napoli. Stavano tornando sulla costa con un motoscafo che non si sarebbe dovuto spingere così al largo, quando, dice, hanno sentito un colpo, si è aperta una falla e la barca imbarcava acqua. Forse una bombola presa in velocità o chissà..

Intanto la polizia non ci vede chiaro. Com’è che la valigia era gia bell'e pronta con tutto il suo contenuto? Quali sono i termini dell’assicurazione?

Nel frattempo abbiamo perso il vento buono e l’occasione di agguantare i ridossi della costa. Bloccati alla boa di Salina. Francesco e la sua bella sono scappati nel pomeriggio con l’aliscafo! E sempre sia lodato il fesso che ha pagato. Chiara sta pensando di andarsene domani pure lei. In quel caso rimarrò solo su Andromeda con una galassia di lavori arretrati. Che bello!

 Chiara tenne duro fino a Procida. Io proseguii da solo e con Angelo, radioamatore di collegamenti oceanici, fino a Fiumicino dove il socio Marco mi portò una randa nuova. Qui mi raggiunsero Dino L. marinaio del giro precedente nel Golfo del leone e un giovanotto, tale Maurizio piovuto giu dalle montagne di Courmayeur. Ci facemmo una traversata verso la Sardegna su un mare liscio come l’olio. Tutta a motore.



 23,50..il mare è calmo c’è la luna piena e Pampero l’autopilota tiene la rotta senza sforzo

5,30 nella piatta a motore. Tutti dormono esclusa una zanzara.

10,00 avvistata tartaruga “Caretta caretta”, specie protetta ma non possiamo fare a meno di pensare al brodino. Lei ci guarda preoccupata con la testa fuori dall'acqua mentre una decina di pesciolini le nuotano attorno. Poi si immerge. Poco dopo una squadra di delfini. Alè!

15,00 Due balene e altri delfini. Sempre a motore nella piatta. Sulla rotta dei traghetti.

Poi a Santa Teresa di Gallura un timone finì su uno scoglio semi affiorante. Altro tempo perso. Fortuna che qui ci fosse mio cugino Paolo e Maurizio, rimasto a bordo, valido aiuto per le riparazioni del caso.

A Stintino rimasi da solo, in attesa di Renzo da Biella, Depressione. Da solo mi rompo.

 12,30 nada. Non si riparte. Altro che essere a Gibilterra per fine settembre! Non del 2006! Oggi pomeriggio processione della Madonna per le vie di Stintino. Negozi turistici aperti nonostante sia domenica, giorno del Signore, figlio della Madonna. E dire che c’era un precetto ebraico secondo il quale se ti cadeva l’asino nel pozzo nel dies domini, era proibito tirarlo fuori per rispetto al Dio degli Eserciti. Oh tempora, oh mores! diceva quel tale. Non c’è piu religione, almeno da noi. Dagli altri, quelli della mezzaluna, ce n’è anche troppa, vedi le scuse del Papa Ratzinger, pastore tedesco, per la questione del Paleologo.

Arrivato Renzo, facemmo rotta verso le Baleari ma una forte burrasca ci dirottò invece su Barcellona dove ormeggiammo al Real club Maritimo dove stavo nel 2004 con il Samadhi.  Non sempre il meteo le azzecca.

Renzo era un buon velista, preciso e affidabile ma la sua specialità era il tango argentino. Ad Alicante ci affiancammo ad una banchina che dava su una piazza dove era in corso una festa da ballo. Renzo sfoderò le sue doti e le signore della festa furono tutte per lui!

A Valencia rimasi in attesa di altri due marineros contattati sul web.

Stefano F. da Firenze e Roberto B. da Roma, fisico sperimentale. Si stava occupando di cristalli liquidi e loro applicazioni, come la novità dei prossimi touch screen. Facevo fatica a capire di cosa si trattasse ed ecco che oggi tutti, invece di strucare il botòn sul nostro smartphone, lo accarezziamo dolcemente con i ditini. Inoltre come fisico sperimentale si dimostrò un cuoco provetto!

Finalmente ai primi di ottobre comparve la Rocca di Gibilterra! Salimmo naturalmente a rendere omaggio ai suoi primi abitatori, i “macachi berberis” che sono dei ladruncoli matricolati!

…per me è la seconda volta ma è sempre uno spasso vedere come arraffano le cibarie ai turisti. Allora combiniamo uno scherzo: mi incammino indifferente con un sacchetto di patatine vuoto. Subito dal gruppo si stacca una giovane femmina e da dietro mi strappa rapida il sacchetto di mano. Come ci rimane male quando scopre che è vuoto! Ci guarda riderle in faccia con aria di triste rimprovero e di condanna di una ennesima prevaricazione da parte di una razza di primati che piu crudeli di così non si può! Vecchia storia. Ma si consoli il macaco. I primati umani sono crudeli soprattutto verso loro stessi, in una tragica competizione che annulla senza scampo la loro tanto decantata intelligenza!

Bueno, sotto di noi si stendeva un altro Atlantico. Per i terrapiattisti, già nel primo giro avevo scoperto che la terra è proprio rotonda.  Man mano che mi allontanavo da Gibilterra verso la direzione dove il Sole andava a dormire mi allontanavo sempre piu da casa - dalla moglie dicono i maligni - finchè naviga, naviga, mi accorsi ad un certo punto che a casa mi stavo riavvicinando! A conferma, rifeci quindi questo altro giro della durata di cinque anni, rientrando infine da un altro stretto: Suez.

venerdì 19 febbraio 2021

SAMADHI

 Comprai il Samadhi.

Se ne stava in secca in un cantiere di Portoferraio all’isola d’Elba e necessitava di parecchi lavori di ripristino. Vi passai l’autunno del 2000 vivendo in barca, lì nel cantiere deserto, alle prese con centomila problemi che mi esponevo di notte e risolvevo di giorno. Come dicevo, veramente a quel punto raggiunsi il “samadhi” dove lui era me e io ero lui! Oltre al resto ne ero proprietario solo a metà. Non avendo l’importo intero richiesto dal sig. G. avevo cercato tra gli amici velisti un socio comproprietario. Ma anche Gianni di Ferrara che era stato con me sulla Lady, era deciso a costruirsi un catamarano tutto suo. Non sapevo a che santo votarmi quando il sig, G. mi chiamò nel suo ufficio.

-Senti, visto che non trovi un socio, il socio lo faccio io. Al 50%. Però me lo lasci nei quattro mesi estivi dove lo metto a noleggio, per il resto del tempo è tuo-

-Ok. Può andare-

Il Samadhi andò in acqua nel marzo del 2001. Subito con Renato, marinaio sulla  ex Lady, lo portai in navigazione da Portoferraio a La Spezia. Era veramente una macchina da corsa! Leggero, 2900 kg, volava sull'acqua come un aereoplano! Sotto raffica lo scafo sopravento si alzava al di sopra delle onde come un Hobie Cat e bisognava essere pronti a lascare la randa proseguendo poi con due mani di terzaroli. Non era il caso di scuffiare!

Nel corso di quella primavera girovagammo in lungo e in largo nel Golfo dei Poeti e oltre, con amici, famigliari e parenti. 


Quindi fu il turno di G. e io fui comunque impegnato durante l’estate in alcuni trasferimenti su altre barche per lui e altri.

A fine estate ripresi in carico il Samadhi. Probabilmente G. pensava che nel corso dell’autunno sarei sceso ogni tanto da Merano a farmi un giretto in barca. Avevo al momento tre amigos come ospiti, tra cui una certa signora Lia che intendeva passare una settimana di ferie.

Dissi a G – Vado con questi a fare una puntata a Viareggio-

-Bene. Attento all'ingresso stretto nel porto canale!-

Qualche giorno dopo – Si vede Capraia all’orizzonte. Andiamo là-

-Tieni d’occhio il meteo!-

In effetti all'arrivo a Capraia si erano formate due preoccupanti trombe d’aria presso l’isola. Incidentalmente poi, fu qui che apprendemmo del crollo delle torri gemelle di New Jork.

Da Capraia passammo a Macinaggio in Corsica.

-Attento- avvertiva G.- Andiamo verso l’autunno. Tempi brutti!-

Doppiammo la Giraglia e scendemmo a sud della Corsica, lato ovest.

Bonifacio e le Bocche, poi giu nel sud della Sardegna fino a Villasimius.

Tutto a piccoli salti della pulce tra un ancoraggio e l’altro, visitando i luoghi nei periodi di tempo cattivo.

A questo punto G. aveva finalmente capito  l’antifona. Quando gli annunciai – andiamo in Sicilia – mi mise giù il telefono!

La traversata verso Marettimo alle Egadi fu veramente ostica. Passai tutta la notte al timone tra raffiche e spruzzi in faccia col casco da moto infilato in testa!

La signora Lia era ancora a bordo. A sua volta aveva invitato un certo Alberto e altri amigos. Suo padre la chiamava ogni due, tre giorni:

-Quando torni?-

-Non torno più-

-Come, non torni più?!-

All’isoletta di Alicudi nelle Eolie non c’era campo. Il padre di Lia aveva il mio numero fisso di Merano e chiamò mia moglie:

-Signora, suo marito è giu nel Tirreno in barca con mia figlia! Ha notizie?-

Ormai era novembre. Ci portammo nel profondo sud dell’”Alabama” alle tonnare di Balata-Marzamemi vicino a Pachino. Si facevano ancora i bagnetti come in piena estate. Qui fui impegnato per un certo tempo nella riparazione di una pala dei timoni che era finita a scogli. Eravamo l’unica barca ormeggiata ad una lunga banchina di cemento e la gente del posto veniva incuriosita a conoscere quegli strani naviganti del nord. Finiva a caffettini e biscottini nell'ampio pozzetto al sole caldo dei tramonti.

Ma ancora non bastava. Ancora piu a sud c’era l’isola di Malta.

Vi arrivammo in una notte di vento forte da nord-ovest, anche troppo presto, aspettando la luce dell’alba davanti ai fiordi di La Valletta.

Sbrigate le pratiche di ingresso ci assegnarono un ormeggio in zona Lazzareto. Passammo l’inverno a Malta tra un giro e l’altro soprattutto all'interno di questa isola di globigerina, un calcare tipico della zona, in visita ai megaliti di una antica civiltà neolitica, ai paesini sulle colline e alle fortezze del capoluogo dove nel 1560 i Cavalieri di San Giovanni resistettero vittoriosamente ai tentativi di invasione dell’Europa da parte di Solimano della Sublime porta dell’Impero Turco Ottomano. Che successivamente mise Vienna sotto assedio! Se la Storia fosse maestra di vita, come si dice, dovrebbe aver insegnato qualcosa all'Europa attuale. Invece ecco che turchi, arabi e ogni etnia di musulmani vengono inconsapevolmente accolti col beneplacito di Bruxelles, convinti che poi abbandoneranno il loro profeta e andranno a integrarsi coi nostri usi e costumi.  Idiozia!

A Natale tornai a casa per le feste lasciando il Samadhi alle cure dell’equipaggio che si beccò così un micidiale forza 11 del canale di Sicilia. Mi raccontarono poi che la barca e tutte le altre saltavano come cavalli imbizzarriti col ribollire di ripide onde nel grande porto di La Valletta! Una bitta di prua mi fu  brutalmente divelta lasciando un brutto squarcio sulla vetroresina dove la pioggia entrava a fiotti!

L’otto gennaio sciogliemmo gli ormeggi e lasciammo l’isola di Malta.  Con una tranquilla navigazione in una giornata di sole, verso sera arrivammo a Pozzallo.

 Da qui cominciò una lenta risalita della penisola, a salti della pulce ancora più ravvicinati, con tutto il tempo del mondo, per visitare i Templi greci di Agrigento, i palazzi barocchi di Noto, Siracusa e altri quadri del Caravaggio- che già avevo ammirato a Malta -  Sbagliando treno finimmo persino a Canicattì- esiste proprio!-

Una lenta risalita, dicevo, così fitta di avvenimenti che, estrapolati dai diari di bordo, occuperebbero le pagine di un altro libro.

Infine, la navigazione si concluse il 19 marzo, nel buio. Il diario riporta:

“ ore 4,30. La Spezia. Ormeggio notturno al pontile da dove partimmo nel lontano settembre 2001”

Seguirono poi altre navigazioni con diversi amici, al caldo fino a Procida e nel golfo di Genova  fino a giugno quando scattava il periodo di G.

Il Samadhi venne affidato ad uno skipper di nome Giorgio il quale se ne andò a navigare in sud Italia. Questo Giorgio si rivelò un filibustiere della peggior specie! Quando a fine estate tornò a riconsegnare la barca, si presentò trafelato in ufficio, sbrigò velocemente le ultime pratiche, infilò la porta e scomparve!  Giustamente preoccupati, andammo al molo a vedere il catamarano. Era ridotto in condizioni pietose! Nessuna cura, sporco, malandato, con diversi arredi rotti o divelti! Ma quale skipper?! Un uom’emmierda!! Pciù!!

 Ai primi di ottobre tornai sul Samadhi per farmi, nel mio fanatismo nautico, un altro inverno in barca. Questa volta, duri, seguimmo la costa nord: costa Azzurra, Golfo del Leone, Spagna, il tutto centellinato, anzi, millesimato a seconda dei periodi di meteo buono.

La primavera successiva si bighellonava tra le Baleari, isole felici, ma sempre più mi sentivo un groppo in gola: di li a poco sarei dovuto tornare a Spezia per il periodo di G.

 G come Giorgio?! Mai! Chiamai l’ufficio:

-Ho una proposta. Se mi fai un buon prezzo ti compro l’altra metà del Samadhi-

-Se ne può parlare. Torna qui e ci mettiamo d’accordo-

Tornai in aereo. Mi fece un buon prezzo e mi ritrovai sulla groppa il catamarano tutto intero, nel bene e nel male finchè la morte non ci avesse separati.

Con compagni vecchi e nuovi girovagammo ancora tra le Baleari, poi seguendo la costa Andalusa ci trovammo in settembre davanti alle colonne d’Ercole. A poppa si stendeva il nostro Mare di Mezzo, quasi un lago tra terre emerse, ma fuori dallo stretto si spalancava un Mondo sconfinato!

Pure io, come Ulisse

 -O frati – dissi – che per cento milia

perigli siete giunti all’occidente,

a questa piccola vigilia

de’nostri sensi ch’è del rimanente

non vogliate negar l’esperienza

del retro al sol, del mondo senza gente.

……………………………………………………………………………….

e volte nostre poppe nel mattino

de vele facemmo ali al folle volo

sempre acquistando dal lato mancino.  (inf.VI-122)