martedì 4 giugno 2019

GALAPAGOS


La prima volta non si scorda mai. Infatti ricordo perfettamente che partiti da Panama City il vento girà decisamente in prua. Eravamo in quattro con Lia e i due partenopei Rob&Angi. Bene, il vento rimase in prua per quasi tutta la traversata tra piovaschi temporali e notti fredde, se pure così vicini all’ Equatore. Zona di Convergenza Intertropicale. Si sapeva. Undici giorni a zig zag fino a dar fondo finalmente a San Cristobal, nell’ arcipelago di Colon.


Las Islas Encantadas, come le chiamavano gli spagnoli, per il fatto che essendo spesso immerse nelle nebbie erano di difficile localizzazione. Il GPS era di la da venire. Ma gia ai tempi del Samadhi disponevo di un palmare Garmin a otto satelliti, quindi piu che sufficiente dato che dall’ Italia mi aveva portato fin lì.
Un arrivo nelle nebbie ci fu qualche anno dopo nel giro con Andromeda. Anche quella traversata fu funestata da piovaschi e temporali ma si ridusse a nove giorni.
Galapagos. Si fa capo a San Crisobal dove seguono pratiche e pagamenti per venti giorni di permesso turistico. In teoria le isole sarebbero poi da visitare con barche locali ma i velisti si sguinzagliano ugualmente nei vari ancoraggi dell’ arcipelago. Ogni tanto ci scappa qualche multa.
Peggio è subire le visite ripetute delle otarie .Diario:

12-4-2005 Mattinata rifornimenti viveri e nuova lenza. Tornando al Samadhi vediamo quattro otarie che si sono impadronite della barca riempiendola di peli e altre cosacce ! Una si è piazzata anche nel battellino pisolando tra i liquami. Bisogna diventare cattivi (per gli umani è facile) e fare piazza pulita almeno fino alla prossima volta.



Le spiagge, manco a dirlo sono da millenni territorio loro. Gli umani sono li da poco tanto che in spiaggia non si sentono profumi di ambra solare ma ben altre puzze !


A Santa Cruz, isola capoluogo, si puo visitare il Centro Darwin dove sono raccolte molte delle varietà botaniche e faunistiche di queste isole, in particolare le iguane marine e le tartarughe giganti. Vecchie alcune di duecento anni, probabilmente hanno guardato negli occhi Charles Darwin quando visitava l’ arcipelago a bordo del veliero Beagle. Tra queste il “Solitario George” un maschio di un ramo evolutivo diverso dagli altri e al quale sono state proposte diverse femmine. Niente da fare, troppo vecchio, non c’è stato incontro e ormai è morto. Estinto.


Isabella a parer mio è l’ isola piu interessante:

21-5 L’isola è molto tranquilla e selvaggia. Ho rotto le scatole, per giocare, alle otarie sulle barche dei pescatori e ad altre che pisolavano sotto le mangrovie in una spiaggetta. Non hanno gradito. Neppure le grosse iguane che sollevavo dalla coda per giocare alla carriola.(non fatelo) Tenevano le labbra all’ ingiù con espressione piuttosto schifata, eppure le assecondavo in qualunque direzione volessero andare artigliando la roccia con le zampe davanti. Mah..



Un giorno passando davanti al resort Casa de Marita notammo:

Sul muro di ingresso è dipinta in rosso vivo una grande bandiera di San Marco col leone che tiene il libro con la scritta - PAX TIBI MARCE EVANGELISTA MEUS –


Infatti, dice un tale, il proprietario è un italiano di Venezia. Orbene, questa bandiera piu le tre località riportate sulla carta nautica, Schiavoni, Malamocco e Punta Lido, indicano che anche qui dall’ altra parte del mondo Venezia ha lasciato il segno. Indagheremo.

Ma prima di queste indagini ci fu l’ escursione al vulcano

24-4 Giornata a cavallo fino ai mille metri del grande cratere ancora fumante di Sierra Negra. Dai basalti del litorale, alle colate laviche dei declivi punteggiati di cactus e opunzie, fino a boschi e  coltivazioni di banane, avogados , papaie, per finire in alto in un mare di felci. Immersi tra nebbie e nuvole neanche fossimo in Scozia.

Il giorno seguente svelato l’ arcano del leone di Venezia

A pranzo al resort del Signor Ermanno Zecchettin, veneziano innamorato delle Galapagos. Ci ha chiarito il mistero dei nomi lagunari. Sono stati introdotti dall’ ammiraglio Palumbo in seguito ad una spedizione oceanografica della nave Vittor Pisani che qui ha stazionato tre mesi nel 1834, inviata dal neo costituito Regno d’ Italia o di Sardegna. Vedi dati storici.

Pranzo poi ricambiato

26-4 Oggi pranzo sul Samadhi con tutta la troupe di Ermanno in seguito alla quale sarò costretto per quieto vivere a posticipare ancora la partenza.


 Eppure questa notte c’è la luna piena, il vento è scarso ma per il Samadhi va bene lo stesso. Anche l’ equipaggio mi rema contro. Perdiamo tempo. Che dice Kant sul tempo ? “ L’ idea del tempo non ha origine dai sensi , ma è da essi presupposta. Il tempo non è qualcosa di obiettivo e reale, ne sostanza, ne accidente, ne relazione ma una condizione soggettiva necessaria a causa della natura della mente umana, di coordinare a se’ tutte le cose sensibili secondo una legge fissa “
D’accordo. Ma ci sono da fare tremila miglia fino alle Marchesi. In rotta ortodromica !

Infine riuscimmo a partire . Solo in due. Alle 18 del 27-4

Strombazzando tra le barche ormeggiate, mentre il sole se ne va a nanna, prendiamo il largo. Poca aria. Ma l’ importante è partire. La provvidenza provvederà. 1 grado 02 primi sud. 91 gradi ovest. Meno 2906 miglia a Fatu Hiva. 23,55 Pesce volante in faccia a Lia nel suo turno di guardia. In padella. Sule delle Galapagos, della tribù dei piedi palmati azzurri, volteggiano attorno sotto la luce della luna.

Anche con Andromeda partimmo solo in due. Io e Eliseo di Bergamo, ottima persona.  Il resto degli amigos aveva rinunciato. Per paura, credo. Eppure avevo a bordo l’ aliseo del Pacifico. Senonchè l’ Eliseo biblico, braccio destro e poi sostituto del profeta Elia dopo che questi fu rapito in cielo da un carro di fuoco, fu come gli altri un profeta di anatemi e sventure.
Ma di questo racconterò altrove, nella serie “ disavventure”

giovedì 30 maggio 2019

LE MARCHESI



Ah, Le Marchesi !  Gia ci sono passato due volte e come si dice, non c’è due senza tre, e la quarta vien da se !
Si, sono un bel posto. Isole vulcaniche dai picchi alti e aguzzi, geologicamente giovani dove non si è formata ancora una barriera corallina. Ammantate di verde fin sulle cime, dove si condensa l’ umidità dell’ oceano. Piove spesso.
Prendono il nome dalla Marchesa di Mendoza, moglie del vicerè del Peru che aveva finanziato la spedizione di Medana nel Pacifico.
Vi arrivai con Lia la prima volta a bordo del Samadhi, dopo 22 giorni di navigazione dalle Galapagos. Avevamo puntato Fatu Hiva, l’ isola che pose diverse domande al famoso esploratore e archeologo Thor Heyerdahl, che qui trascorse un lungo periodo da giovane con la moglie di allora. 
Demmo fondo all’ ancora nella Baia delle Vergini, contornata da alte e nere guglie di roccia vulcanica. Gli spagnoli l’ avevano denominata “Baia delle verghe” (cazzi) ma ai missionari dell’ epoca non stava bene e proposero Vergini. 
Così fu, per dirla come mia nonna, “peggio il tacòn del sbrego !”


Per i polinesiani l’ omaggio di benvenuto a nuovi visitatori consisteva nell’ accoglierli con una corona di fiori al collo. A Fatu Hiva ancora meglio: appena sbarcati col tender, fummo accolti da un gruppo di signore locali che ci omaggiarono di succosi pompelmi grossi come meloni. 
Buonissimi. Celestiali. Di sicuro Adamo ed Eva, cacciati dal Paradiso Terrestre se ne andarono nascondendo da qualche parte alcuni semi di questo frutto. Ed eccolo qui.


Dal porticciolo si allunga una strada affiancata da qualche decina di basse casette. Il paesino di Hanavave. La strada poi prosegue lungo una valletta fitta di vegetazione tropicale, poi si inerpica su ripide balze e arriva al secondo e ultimo paesino dell’ Isola. Omoa.


Alle prime case trovammo uno spaccetto, buono per fare scarta viveri dopo 22 giorni. 
E fu qui che Daniel, il bottegaio, tirandomi in disparte mi chiese sottovoce se avevo cartucce di fucile.
-          Perche ? -
-      Sempre pesce, sempre pesce, con tutte le capre che vagano per i monti. Un po di proteine animali ogni tanto! Missionari non ne arrivano piu ! –
E mi guardava con occhio clinico.
La stessa cosa quando ripassai anni dopo con Andromeda. Chiedi e ti sarà dato, era scritto. E probabilmente, insistendo, Daniel qualche cartuccia l’ avrà racimolata.
In baia stazionavano una decina di barche a vela tra le quali il Freccia di Rodolfo, conosciuto quando stavamo a Le Marin in Martinica.
(Ha scritto un libro sul suo giro del mondo “Il Mediterraneo lasciato di poppa” Edizioni, Il Frangente)
Con Rodolfo giravamo tra le case convocati dagli isolani come elettrotecnici per vedere di aggiustare TV, elettrodomestici e quanto altro. Con scarsi risultati in realtà, causa mancanza di ricambi, contatti completamente rovinati dall’ ossido, ecc. Venivamo comunque pagati, in natura: pompelmi, manghi, banane e papaie.
Ci spostammo poi a Hiva Oa in un’ altra baietta chiusa dove ci si ancora di prua e di poppa. 
Isola di pellegrinaggi alla tomba di Gauguin, ai siti archeologici dove campeggiano statue di antichi Tiki e dove , in paese, si paga l’ ingresso nell’arcipelago delle Marchesi. 
Amministrazione francese. Tres bien.


Seguiva poi Ua Pou, dove vorrei chiudere i miei giorni, e Nuku Hiva nella grande baia di Taiohae, dove nel 1850 Mellville disertò con un compagno da una baleniera e visse per un certo periodo, guardato a vista, con i Taipi, probabili antropofagi.
L’ archeologia di Nuku Hiva presenta diversi siti su tutta l’ isola, che pare fosse densamente popolata e in lotta con quelli di Motane, Tahuata, Hiva Oa. 
Perche gli umani sono bestie da combattimento !  Quando le risorse di un territorio scarseggiano, ci si rivolge a quelle del vicino e se non basta come motivazione si possono inventare centomila altri pretesti.
    " Superior stabat lupus, inferior agnus
       Cur - inquit lupus - turbolentam fecisti mihi aquam bibenti ?"

Dicevo, le Marchesi sono un bel posto, da passarci un mesetto ogni anno. Ma non è tutto rose e fiori di ibisco. Il caldo è notevole e pure l’ umidità. Ci sono dei fastidiosissimi moscerini che ti pungono senza che tu possa vederli. E poi c’è il pericolo Dengue e l’ Elefantiasi. Quindi premunirsi. 
Ma ne vale la pena.



lunedì 15 aprile 2019

ISOLE DELLA SOCIETA'


Nel lontano 1660 venne fondata a Londra la Royal Society intesa a promuovere lo sviluppo della conoscenza della natura. Nomi famosi ne hanno fatto parte , come Isaac Newton, Michael Faraday, Alessandro Volta, Charles Darwin, Albert Einstein, Stephen Hawking e molti altri.
James Cook, nume carismatico di noi velisti esploratori, nel 1769 volle attribuire la Royal Society come nome di una vasto arcipelago di isole inesplorate nel bel mezzo del Pacifico, durante il suo viaggio con l' Endeavour. Brigantino a Palo.
Tahiti, Moorea, Huahine, Raiatea ,Taa, BoraBora, Maupiti, Mophelia e via navigando.
Naturalmente nei miei due viaggi non potevo mancare un doveroso e approfondito pellegrinaggio in questa parte del mondo, considerata ancora un antico retaggio del perduto Eden ! Di sicuro il fascino della Polinesia non ha eguali. Vi tornerei volentieri per la terza volta. A costo di restarci . Secco !
A Tahiti ho gia dedicato un post. Scarno, necessariamente. Meriterebbe un libro, ma tanti ne sono gia stati scritti da altri. Invece Moorea...
Moorea è un sogno. Alti picchi di montagne attorno a baie incantate. Ci arrivammo la prima volta io e Lia col Samadhi il 19 luglio del 2005. Dal diario :
Ore 11. Costeggiato il reef a nord di Moorea, entriamo nella baia di Cook e diamo fondo di fronte al paesino di Pae Pae.
Silenzio. Solo il chicchirichì dei galli. Folta vegetazione sulle rive. Acqua ferma sulla quale si specchiano i picchi vulcanici che contornano la baia. Siamo in una cartolina!
Ore 20. Moorea è un'isola di artisti. Deve essere l' aria o chissachè , ma molti aspetti e cose di qui presentano caratteristiche fantasiose. Sarà la calma e la bellezza dell' isola, il vivere tranquillo senza la fretta di Papeete, pare che la testa si metta a funzionare in modo diverso, come nei sogni. A me per esempio è tornata la voglia di intagliare il legno o scolpire la pietra. Bien. Puo essere . Ma dopo la lista dei lavori sul Samadhi. Bonne nuit.
Tutto idilliaco dunque ? No. Il 21 scrivevo :
Questa mattina abbiamo avuto l' amara sorpresa di trovare quattro cagnolini appena nati in una scatola presso un bidone delle immondizie. Erano ancora vivi e ancora di piu dopo aver leccato mezzo cartone di latte. Li abbiamo lasciati all' ombra sul retro del supermarket dopo aver avvertito una signora cinese che lì lavora. Se domani non ci saranno piu, evitare il ristorante cinese per qualche tempo.
Tre anni dopo, venduto il Samadhi, rieccomi con moglie e figli a Moorea ancorati nella baia di Opunhau su un comodo Catana 42. Andromeda. E di nuovo a scrivere sole, colori tropicali, il verde luminoso e smeraldino della vegetazione e le mille gradazioni di blu della laguna.


Dopo Moorea , Huahine. Raggiunta in una notte sotto un diluvio tra tuoni e fulmini. Ma Huahine merita.
16-3-2008 Oggi raid in kayak risalendo tre torrenti della costa ovest. Molto suggestivi, pagaiando sotto le volte ombrose della foresta. Canti liturgici in polinesiano uscivano da una chiesa in fondo ad un fiordo. Rosetta ( gentile consorte ) invece visitava un' altra parte dell' isola in autostop con il resto della troupe ( sette amigos )e finivano inglobati casualmente in una festa di matrimonio. 
18-3 cosa abbiamo combinato negli ultimi due giorni ? Di tutto un po. Esempio. Oggi ci siamo fatti un giro allegro a Huahine Iti. La Paola e Stefano in mountain bike, io e Rosetta in tandem. Interessante la parte est dell' isola, una specie di Svizzera polinesiana con le villette linde e curate in mezzo ad una vegetazione lussureggiante.
Poi ci portammo a Raiatea con una veloce navigazione di tre ore. Il diario di bordo riporta di regola fatti molto dettagliati, ora per ora. Troppa carne al fuoco. Cito quindi alcuni punti salienti.
23-3 Pasqua. Ancora canti liturgici di gran parte della popolazione di Uturoa e paesi limitrofi. Canti che, seppure con testi diversi, ricordano loro le spiritualità di quando erano animisti. 150 anni fa. (e cannibali )
 Dopo pranzo ci spostiamo a motore nella baia di Faaroa e becchiamo una boa della vecchia base Sunsail. Da qui parte la spedizione. Si tratta di portarsi in fondo alla baia con il gommone e il kayak e risalire il fiume che si inoltra nell' entroterra con strette anse. Dapprincipio la suggestione di seguire le rive in silenzio sotto le volte di una vegetazione esuberante, rende tutti compresi e stupiti di questo mondo magico! Ma presto, notando qua e la caschi di banane, papaie, manghi, scatta in Paolo B. il ciccione, il ragionamento della panza ( Paolo è ragioniere ). La cosa è subito contagiosa e tutto l' equipaggio del gommone passa al saccheggio piu becero ! Per prendere una banana vengono divelte due piante con caschi interi ! Io dal kayak non posso fare altro che strillare anatemi e maledizioni. Ma piu avanti Stefano viene beccato in flagrante da una signora che, lungi da essere una selvaggia polinesiana si dimostra una vera Signora. E regala alla masnada vociante ogni ben di dio. Pompelmi papaie, e frutti vari. Chiede se vogliamo anche banane, dopo che sicuramente ha assistito allo scempio delle piante divelte sulla riva di fronte.
 Una figura di merda ! E ogni colpa , ogni peccato, come a Gesù Cristo, ricade sulle spalle del comandante ! Ma il castigo è gia in agguato. Al momento di tornare il fuoribordo si inchioda e non vuole saperne di ripartire. Sicuramente una fattura. Non resta che remare, come i forzati delle galere veneziane.

24-3 Siamo ormeggiati all' inglese ad una banchina presso il centro religioso degli antichi polinesiani. Teputapuatea. ! 1010 mb. 80% di umidità. Ormeggio in parte guadagnato, in quanto prima ci stava una coppia di locali impegnata a pescare e non gradivano che ci accostassimo.
 Per un po siamo rimasti lì nei pressi all' ancora, poi abbiamo forzato le cose e i due si sono convinti a pescare dal catamarano, accettando un giro di caffè corretto rum e biscottini. Rosetta e gli altri si sono potuti recare così agli antichi marae trovandoli molto interessanti. Seguirà altra visita domani.
25-3 Oggi è il domani di ieri. Mattinata in visita al sito archeologico religioso. Una spianata di marae, piattaforme in pietra lavica, costituenti il basamento sul quale venivano costruite capanne ( farè ) hangar per proa e catamarani e are sacrificali per il folto pantheon di antiche divinità.
 Pare ormai accertato che questa località, Teputapuatea, sia stata la Gerusalemme, la Mecca di tutta la Polinesia , dalle Hawaai alla Nuova Zelanda ed abbia avuto il suo apogeo verso il 13mo 14mo secolo. Le costruzioni stanno quasi a livello del mare, a forma circolare e circondate da bianchi arenili. Il tutto punteggiato dal verde di grandi Ficus, alberi di mangrovie e palme da cocco. Si respira un' aria di pace e serenità, almeno finchè non ci si sofferma di fronte a certe immagini e graffiti di cruenti sacrifici che si trovano lungo il percorso didattico.

Molto vicino a Raiatea c'è l' isola di Taa dove si coltivano, in mare nacras perlifere ( nere ) e a terra vaniglia, dall' impollinazione dei fiori, alla stagionatura dei baccelli
28-3 Oggi partenza soft nella calma del mattino, a vela, solo fiocco, fino ad ancorare di fronte alle palafitte dell' hotel antistante Tiva e paesini piu a nord . Fondo su 5 metri di sabbia bianca e barca su 90 cm dove si tocca. Una piscina. Giretto pomeridiano al motu piu vicino a spaccare cocchi in compagnia del cane da guardia locale. Poi sulla spiaggia dell' hotel ci hanno fatto delle storie in quanto l' isoletta viene considerata proprietà privata e non accettano barboni.
Bien. Il 29-3 altra mattinata di vela a 7- 8 nodi ed entrammo nella pass di Bora Bora. Diceva una ragazza del posto : Bora Bora è un ' isola per riposarsi. Un' isola per giovani sposini e pensionati. Infatti è circondata da motu pieni di hotel a palafitte su lagune cristalline, attività poche, una festa di canti e balli ogni sabato a Vaitape, insomma un' isola per vecchietti. E' vero che si vede qualche kite surf sfrecciare verso la barriera corallina e qualche deficiente su moto d' acqua, ma sono casi isolati. L' impressione che dà Bora Bora è di una tranquilla calma geriatrica. Così questa mattina ci siamo dati da fare per aggiustare la luce di fonda in testa d' albero. Si, riparazioni di vario genere sono una costante su una barca in giro per il mondo, come qualche giorno prima , il 3 del 4, aprile. Riparazione del kayak con toppe di vetroresina perchè era rimasto schiacciato sotto il peso di quel ciccione di Paolo B.
 Nel pomeriggio ci spostiamo a motore a sud-ovest dell' atollo di fronte ad un motu a forma di mezzaluna con candide spiagge su un fondale di un metro e mezzo .

 Lungo le spiagge , solo casette private, in parte abitate e con tanto di automobile nel cortile. Ma dove vanno in auto su un motu lungo due km ? La solita sindrome degli isolani che vogliono atteggiarsi a continentali !?
 Poi ci siamo rispostati di due miglia ad est di Punta Merida ormeggiando sotto un piovasco ad una boa di chissachì. Con Angelo, amatore radiofilo di Velletri, è seguito un giro dell' isola in bici. 32 km. Piu altri dieci per cercare monsieur Asdin guida alpina di Bora Bora per salirne la cima piu alta.
Ripartimmo da Bora Bora alle sette dell' undici aprile, molto riposati. Rotta su Maupiti ma...
Impossibile entrare. Onda grossa da sud che frange sulla pass . Ci tocca proseguire. Mancano 688 miglia a Suwarov. Cominciano i turni di guardia. Autopilota in azione scodinzolando di 20 gradi.
Navigando, navigando alla fine del giorno seguente alle 17 eravamo davanti alla pass di Mophelia. La pass piu difficile del Pacifico. Corrente forte in uscita da 4 a 9 nodi a seconda delle maree. Praticamente una grande padella che fa acqua da tutti i bordi con un solo beccuccio di sfiato.
Pass lunga e stretta con fondale nero e non visibile causa tarda luce radente del tramonto. Decine di delfini ci nuotano attorno facendo cena col pesce che esce dalla pass e altre decine di gabbiani vi sfrecciano sopra vociando.
 13-4 una notte alla deriva a secco di vele . Bene fino alle 02 poi raffiche e piovaschi. Siamo scaduti a sud dell' isola ad un nodo e mezzo all' ora, recuperando poi alle prime luci, di bolina con solo fiocco. Quindi alle 8,30 sono partito in gommone con Paolo a marcare la pass col GPS. Corrente forte da 4 a 6 nodi. Il gommone è passato a fatica entrando lateralmente alle rapide in uscita, violente come sul Colorado River ! Quasi quasi metto in acqua il kayak e vado a farmi i traversi sui riccioli ! Se non fosse che ora piove e altre raffiche ci allontanano dall' isola.
Ore 11. cambio della marea. FATTA LA PASS! Da brivido. Adrenalina pura ! I motori al massimo, smanettando in continuazione sui timoni tra i paletti piantati nel corallo sui bordi del canale , in un minestrone di vortici, entriamo nell' atollo di Mophelia !

Ed è subito incanto !
Mophelia è un' isola selvaggia, praticamente disabitata a parte due famiglie di polinesiani autentici e perfettamente integrati nel loro ambiente. Càmpano di cocchi, pesce , uova di gabbiani e di galline; hanno anche una squadra di maialini e quindi a noi ci guardano con occhio benevolo e non gastronomico come i missionari della prima ora. 
Ogni tot mesi passa un barcotto di 20 metri che li rifornisce di gasolio, benzina e altre cose. Se pure vivono in una capanna di lamiera ondulata hanno la TV ,il paraboloide e alcuni elettrodomestici alimentati da pannelli solari e un gruppo elettrogeno. Ci consentono gentilmente di raccogliere cocchi in fondo alla punta dell' isola dove si gode di un panorama incantevole e struggente davanti ad una laguna di acqua bassa dove piccoli squaletti ci nuotano attorno ai piedi.
Seguirono poi giornate di pesca con ami e fiocine. Occhio agli squali grossi. Appena fiocinato il pesce salire sul gommone e cambiare posto di un centinaio di metri. Scambio di pesci con l' isolano e inviti a pranzo nel suo farè assaggiando i suoi grossi granchi del cocco.

Ah, che tempi ragazzi !
Eravamo giovani e scoppiettanti !